Vincoli da indebitamento da controllare
La Corte dei Conti Veneto, si è espressa, con delibera n. 180/2022 sulla richiesta di ente locale nel valutare la realizzazione di nuovi investimenti da finanziarsi anche con il ricorso all'indebitamento.
Il Comune istante ha chiesto se sia legittimo per gli enti locali procedere per le annualità 2022-2023 con operazioni di indebitamento per la realizzazione di investimenti, tenendo conto della Circolare n. 5/2020 e della Circolare n. 15/2022 del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, e ritenendo che il rispetto delle prescrizioni contenute nell'art. 10 della L. 243/2012 sia stato assolto a livello di comparto, per le annualità 2022-2023 succitate.
Va premesso che i vincoli dell’ordinamento al ricorso all’indebitamento hanno lo scopo di impedire agli enti di impegnarsi alla restituzione di importi, a titolo di capitale e di interessi, cui non siano in grado di far fronte, quanto di porre un freno all’incremento di spesa pubblica derivante dall’indebitamento degli enti locali (in tal senso, Corte dei conti, sezione controllo Piemonte, n. 54/SRCPIE/2013/PAR), “così contribuendo all’adempimento degli obblighi nazionali e sovranazionali di contenimento del debito pubblico” (Corte dei conti, sez. controllo Marche, 36/2019/PAR, cit.). L’art. 10, comma 1, prevede che l’indebitamento finanzi soltanto spese di investimento (cfr. art. 119, comma 6, Cost.); quest’ultime sono riconducibili all’art. 3, comma 18, L. 24 dicembre 2003, n. 350 che, “Ai fini dell’articolo 119, sesto comma, della Costituzione”, declina in termini tassativi (Sezioni Riunite della Corte conti, Deliberazione n. 25/CONTR/11 del 28 aprile 2011) le fattispecie corrispondenti segnatamente a siffatte spese di investimento. Esse ricorrono sul piano sostanziale ove importino un aumento di valore del patrimonio immobiliare o mobiliare dell’ente (Corte dei conti, sez. controllo Puglia, Deliberazione 11 settembre 2019 n. 83/PAR).
La Corte conti ha risposto che la questione ha già trovato soluzione in sede nomofilattica (Corte dei conti n. 20/SSRRCO/QMIG/2019) in cui è stato affermato, in senso precettivo per le Sezioni regionali di controllo (art. 17, comma 31, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, conv. in L. 3 agosto 2009, n. 102), che “Alle disposizioni introdotte dalla legge rinforzata n. 243 del 2012, tese a garantire, fra l’altro, che gli enti territoriali concorrano al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica posti in ambito europeo, strutturati secondo le regole valevoli in quella sede, si affiancano le norme aventi fonte nell’ordinamento giuridico-contabile degli enti territoriali, tese a garantire il complessivo equilibrio, di tipo finanziario, di questi ultimi. Gli enti territoriali hanno l’obbligo di rispettare il pareggio di bilancio sancito dall’art. 9, commi 1 e 1-bis, della legge n. 243 del 2012, anche quale presupposto per la legittima contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti (art. 10, comma 3, legge n. 243 del 2012). I medesimi enti territoriali devono osservare gli equilibri complessivi finanziari di bilancio prescritti dall’ordinamento contabile di riferimento (aventi fonte nei d.lgs. n. 118 del 2011 e n. 267 del 2000, nonché, da ultimo, dall’art. 1, comma 821, della legge n. 145 del 2018) e le altre norme di finanza pubblica che pongono limiti, qualitativi o quantitativi, all’accensione di mutui o al ricorso ad altre forme di indebitamento”.
Nello specifico, secondo la riferita decisione nomofilattica, entrate e spese da indebitamento (rispettivamente: accensione e rimborso di prestiti) costituiscono partite meramente finanziarie estranee al conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni (cfr. artt. 2, comma 1, lett. b), e 3, comma 3, L. 243/2012), e quindi non “finali” a misura dell’art. 9, comma 1, L. 243/2012. Esse, perciò, non vengono computate ai fini del conseguimento del pareggio ivi previsto, sebbene rilevino ai fini degli equilibri complessivi. Tuttavia, entrambe impattano egualmente sui saldi di cui al ridetto art. 9, comma 1. Infatti, le spese di investimento, finanziate dall’indebitamento, debbono disporre di adeguata copertura finanziaria, con incrementi di “entrate finali” o riduzioni di “spese finali”, nell’esercizio in cui è acceso il prestito o, eventualmente, anche nei successivi. Nondimeno, tali spese vanno conteggiate ed imputate al medesimo o a esercizi successivi. Inoltre, secondo quanto precede, “vanno rispettati gli equilibri finanziari complessivi prescritti dagli artt. (...) 162, 187 e 188 del d.lgs. n. 267 del 2000 per gli enti locali, nonché, da ultimo quelli posti dall’art. 1, comma 821, della L. n. 145 del 2018 (…). In modo analogo, per quanto concerne le operazioni di indebitamento, vanno osservate anche le altre disposizioni che pongono limiti, qualitativi o quantitativi, a queste ultimi (…)”.
Per mera completezza, va sottolineato che anche le stesse circolari evocate dall’amministrazione istante (nel caso specifico, Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato nn. 5/2020 e 15/2022), in linea con quanto affermato in sede nomofilattica dalla Corte dei conti, espressamente prescrivono che “restano, comunque, ferme per ciascun ente, le disposizioni specifiche che pongono limiti qualitativi o quantitativi all’accensione di mutui o al ricorso ad altre forme di indebitamento, nonché l’obbligo del rispetto degli equilibri di cui ai decreti legislativi n. 118 del 2011 e n. 267 del 2000 (…)”.
In conclusione, alla luce delle suesposte considerazioni, sarà onere dell’Amministrazione accertare nel caso di specie la concomitante sussistenza delle delineate condizioni legittimanti il ricorso all’indebitamento.