Versamento ICI e crisi finanziaria
La Cassazione, con Ordinanza n. 7628 del 21 marzo 2024, è intervenuta in tema di versamento ICI, in caso di crisi finanziaria.
In particolare, nel caso analizzato dalla Corte di Cassazione, la società contribuente aveva deciso di impugnare la decisione di secondo grado per violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 5, d.lgs. 472/1997, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver, il giudice dell’appello, erroneamente ritenuto che la crisi di liquidità della contribuente integrasse, di per sé, una causa di “forza maggiore", tale da giustificare il mancato pagamento dell'ICI e delle sanzioni amministrative e degli interessi moratori per difetto di colpa, non avendo il contribuente provato la crisi finanziaria in cui versava, a causa del ritardato pagamento di quanto dovuto dalla pubblica amministrazione, essendo prevedibile il ritardo di quest'ultima nell'esecuzione dei pagamenti.
L’art. 6, co. 5, d.lgs. 472/1997 definisce la "forza maggiore" (in materia di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie) come una causa di non punibilità del contribuente che abbia commesso un fatto integrante l'infrazione di una norma tributaria.
Sul punto, la Cassazione ricorda che anche la Corte di Giustizia ha avuto modo di esprimersi in più occasioni, chiarendo “la nozione di forza maggiore in materia tributaria e fiscale - da interpretarsi in modo conforme con la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 18 dicembre 2007, in causa C-314/06, punto 24, e con l'ordinanza resa dalla Corte di Giustizia il 18 gennaio 2005, in causa C-325/03, punto 25 - comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi; peraltro, è stato, altresì, evidenziato che la nozione di forza maggiore non si limita all'impossibilità assoluta, ma deve essere intesa nel senso di circostanze anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso (vedasi la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 15 dicembre 1994, in causa C-195/91, punto 31, e la sentenza resa dalla Corte di Giustizia il 17 ottobre 2002, in causa C-208/01, punto 19);”.
Per queste ragioni, la Suprema Corta afferma: “sotto il profilo naturalistico, la forza maggiore si atteggia come una causa esterna che obbliga la persona a comportarsi in modo difforme da quanto voluto, di talché essa va configurata, relativamente alla sua natura giuridica, come una esimente poiché il soggetto passivo è costretto a commettere la violazione a causa di un evento imprevisto, imprevedibile ed irresistibile, non imputabile ad esso contribuente, nonostante tutte le cautele adottate (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 22 settembre 2017, n. 22153; Cass., Sez. 6^-5, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8175; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2021, n. 4757; Cass., Sez. 5^, 8 aprile 2022, n. 11477);”
Proprio in virtù di queste affermazioni, la Corte ha precisato che la giurisprudenza della Cassazione “ha ritenuto che la sussistenza di una situazione di illiquidità o di crisi aziendale non costituisce, di per sé, forza maggiore, ai fini dell'operatività della causa di non punibilità di cui all'art. 6, comma 5, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, essendo, invece, necessaria la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere del contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale, mediante l'adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 8 febbraio 2018, n. 3049; Cass., Sez. 5^, 22 marzo 2019, n. 8175; Cass., Sez. 6^-5, 28 settembre 2020, n. 20389; Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2021, n. 17027);”.
Dunque, anche nel rispetto della giurisprudenza euro-unitaria, la Cassazione sostiene che, ai fini della sussistenza della causa di non punibilità, rilevino, non tanto “le circostanze tali da porre l'operatore nell'impossibilità assoluta di rispettare la norma tributaria bensì quelle anomale ed imprevedibili, le cui conseguenze, però, non avrebbero potuto essere evitate malgrado l'adozione di tutte le precauzioni del caso (vedasi la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 15 dicembre 1994, in causa C-195/91, punto 31; la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 17 ottobre 2002, in causa C-208/01, punto 19; la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 18 dicembre 2007, in causa C-314/06, punto 24; la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 18 luglio 2013, in causa C-99/12, punto 31; la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 4 febbraio 2016, in cause C-659/13 e C34/14, punto 192; la sentenza depositata dalla Corte di Giustizia il 18 maggio 2017, in causa C-154/16, punto 61);”
Pertanto, trascurando i principi enunciati dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria sulla questione, era stato accolto “l'appello della contribuente sul mero presupposto che la situazione di illiquidità della contribuente potesse costituire idonea Sforza maggiore" ai fini dell'esonero dalle sanzioni pecuniarie e dagli interessi moratori, senza indagare (sulla scorta delle risultanze istruttorie) - e, quindi, con motivazione inidonea a giustificare il rigetto del gravame - se l'impossibilità di adempiere le obbligazioni tributarie per carenza o insufficienza di mezzi finanziari fosse imputabile alla difficoltà o impossibilità di incassare crediti pubblici per morosità e/o insolvenza dei debitori, all'insuccesso di iniziative giudiziarie o extragiudiziarie per il recupero dei propri crediti, al diniego o alla difficoltà di concessione di finanziamenti bancari ovvero all'inerzia o al disinteresse della contribuente nell'adozione di misure ordinarie o straordinarie per prevenire o bloccare la crisi aziendale;”
La Cassazione, attraverso l’Ordinanza 7628/2024, ha, dunque, osservato che la sentenza d’appello impugnata, oltre a valutare la scarsa liquidità di cui godeva la contribuente, avrebbe dovuto considerare se e in che termini tale situazione di crisi finanziaria avrebbe potuto costituire un evento imprevedibile ed inevitabile, non fronteggiabile dalla contribuente con misure necessarie o opportune per porre rimedio alla situazione di disagio nella reperibilità della provvista necessaria ai pagamenti correnti (con particolare riguardo alle scadenze delle obbligazioni tributarie”
Per tutte queste ragioni il ricorso veniva accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.