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Variazione delle tariffe del Canone Unico Patrimoniale nel 2025

Il Canone Unico Patrimoniale istituito dalla Legge 160/2019 sta per compiere 4 anni dalla sua entrata in vigore e ancora oggi ci si domanda se è legittima o meno una variazione del gettito. Il tema è di stretta attualità inquanto molte amministrazioni si vedono alle prese con la preparazione dei bilanci di previsione 2025.

Il dubbio interpretativo deriva dalla lettura del comma 817 il quale prevede che “Il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe.

Innanzitutto ricordiamo che il primo anno di prelievo della nuova entrata è stato il 2021 e il gettito per le esposizioni pubblicitarie e dell’occupazione suolo da considerare sarebbe quello conseguito nel 2020, anno che ha visto molte esenzioni a livello nazionale soprattutto per quanto concerne la tassa o il canone per l’occupazione spazi ed aree pubbliche causa Covid-19. Si ritiene plausibile il fatto che il gettito da considerare sia al netto di tali esenzioni.

Il gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi sostituiti dal Cup è ancora in essere oppure le Pubbliche Amministrazioni erano vincolate per il solo primo anno di applicazione?

A parere di chi scrive, l’invarianza di gettito potrebbe trovare una sua giustificazione logica nel primo anno di applicazione del Canone Unico, in quanto trattandosi di una nuova entrata forse il Legislatore ha tentato di garantire una certa continuità con il passato, così da non stravolgere la situazione consolidata con le precedenti entrate.

Si pensi solo alla dinamicità della base imponibile del tipo di entrata che vede in questi ultimi anni alcuni esempi eclatanti come la diffusione in molti Comuni di centri commerciali che portano un incremento delle entrate per le esposizioni pubblicitarie o anche al bonus del 110 che con aumento dei cantieri edili su area pubblica ha visto la crescita delle entrate dell’occupazione suolo.

Nella recente sentenza della sezione settima del Consiglio di Stato n. 5632 del 26.06.2024 che ha visto una ditta pubblicitaria (appellante) riproporre la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 817, 826 e 827, L. n. 160/2019, per contrasto con l’art. 23 della Costituzione sostenendo che la normativa sul canone unico difetterebbe di criteri o limiti, di natura oggettiva e tecnica, idonei a vincolare a parametri determinati il potere amministrativo discrezionale degli enti impositori tanto nella regolamentazione del prelievo fiscale quanto nella relativa determinazione delle tariffe.

Nella sentenza si legge “In particolare, il limite dell’invarianza finanziaria deve essere rapportato all’intero cumulo dei canoni e/o tributi sostituiti dal CUP e anche all’intero gettito rappresentato da tutte le esposizioni pubblicitarie effettuate nel comune, sia su suolo pubblico, che su suolo privato, con mezzi di proprietà dell’amministrazione ovvero con mezzi pubblicitari di proprietà delle singole società.”

Inoltre prosegue dicendo che “Il legislatore ha, quindi, delimitato il potere dei Comuni nel senso di ritenere l'invarianza in aumento del gettito quale limite alle determinazioni comunali, sicché l'ente ha il potere di disciplinare le tariffe del CUP senza, tuttavia, poter superare la soglia predefinita del gettito.” e ancora “Così interpretata la disciplina sono, quindi, infondati i sospetti di incostituzionalità della norma, per violazione dell’art. 23 Cost., sollevati da parte appellante, avendo il legislatore delimitato il potere di determinazione in aumento del canone da parte dei Comuni: infatti, in forza del criterio dell’invarianza, posto dal comma 817, è fissato dal legislatore nazionale un tetto massimo, che la discrezionalità degli Enti non può superare, escludendosi perciò una violazione dell’art. 23 Cost.

Una posizione che chiarisce la correttezza dell’operato del Comune ma che mette in evidenza come sia vincolante la parità di gettito del canone rispetto ai prelievi precedenti.

Doveroso evidenziare che la sentenza fa riferimento a un contenzioso relativo all’annualità 2021 ovvero al primo anno di applicazione del canone unico patrimoniale.

Difficile ipotizzare che a quasi 4 anni dall’introduzione del Cup gli organi di giustizia possano ancora ritenere valido il vincolo imposto dal comma 817 per le amministrazioni che decidano di adeguare le tariffe motivando tali aumenti alla peculiarità del proprio territorio e all’andamento economico nel rispetto degli equilibri di bilancio in base all’autonomia finanziaria riconosciuta dall’articolo 119.