TARI, scelta tra metodo puntuale e metodo normalizzato
Il Consiglio di Stato ha evidenziato, con sentenza n. 81/2025, che in materia di tari (tassa sui rifiuti), rientra nella facoltà dell’ente comunale dare applicazione al "metodo normalizzato" (applicazione della tariffa sulla base di parametri predeterminati dal legislatore) oppure al "metodo puntuale" (applicazione della tariffa sulla base di una valutazione quantitativa dei rifiuti effettivamente producibili), purché vengano adeguatamente giustificate le ragioni per cui si ritiene di optare per un metodo in luogo dell’altro e non derivino conseguenze manifestamente sproporzionate per i contribuenti. La scelta deve essere il frutto di adeguata ponderazione che induca l'amministrazione a scegliere uno dei due modelli non solo per ragioni di opportunità organizzativa, ma anche per le ricadute in termini pratici ed economici nei confronti degli utenti.
In motivazione la sezione ha rammentato che la tari (tassa sui rifiuti) è stata istituita con legge 27 dicembre 2013, n. 147, è destinata a finanziare i costi relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti ed è dovuta da chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre i rifiuti medesimi. Le tariffe devono assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti e sono determinate con delibera del consiglio comunale sulla base dei costi individuati e classificati nel piano finanziario approvato dallo stesso consiglio.
Con ordinanza del 14 maggio 2024, n. 13329, la sezione tributaria della Corte di cassazione si è occupata del c.d. “effetto cascata” e ha precisato che l'annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa sui rifiuti per un'annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere non impugnate meramente "ripetitive" degli anni successivi, poiché ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente, dovendosi escludere sia l'operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l'atto sulla base di tale presupposto (cfr. anche Cass. civ., sez. trib., 9 novembre 2018, n. 29675; 23 maggio 2019, n. 14039).
In conclusione, i magistrati rilevano: a) una volta che il legislatore ha previsto due metodi tra di loro alternativi, la PA deve tenerli in considerazione entrambi senza poter sostanzialmente accordare preferenza ad uno solo di essi negando, parallelamente, l’esistenza dell’altro; b) il potere di scelta tra i due metodi (normalizzato e puntuale) resta saldo in capo alla PA purché quest’ultima giustifichi adeguatamente le ragioni per cui ritiene di optare per un metodo in luogo dell’altro; c) un simile obbligo di motivazione, nella scelta tra i due metodi, assume contorni ancora più stringenti nel momento in cui emergono – proprio come nel caso di specie mediante le suddette relazioni tecniche di parte appellante – elementi tali da far propendere per una applicazione iniqua e sproporzionata della suddetta tariffa rifiuti per via del metodo normalizzato (in questa direzione le puntuali relazioni di parte, che in ogni caso costituiscono almeno un principio di prova, non risultano tra l’altro essere state adeguatamente e puntualmente contestate dalla difesa comunale).
Il descritto percorso logico e procedimentale risulta peraltro pienamente conforme a quanto affermato dalla Corte di giustizia UE, nella richiamata decisione n. 254 del 2009, per cui il metodo normalizzato è comunitariamente ammissibile, sì, ma a condizione che non emergano – come nella specie – elementi di sproporzione e di iniquità tali da ritenere preferibile (o quanto meno percorribile anche) il metodo puntuale.
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