TARI – Il principio di proporzionalità nella determinazione delle tariffe
Con sentenza n. 1673 del 24 ottobre 2022, il TAR Puglia-Lecce ha colto l’occasione per precisare che in assenza di adeguate ragioni, appare del tutto discriminatorio sottoporre a diversa tassazione le utenze abitative dei residenti rispetto a quelle dei non residenti, non potendo la residenza essere collegata all’effettiva capacità di produrre rifiuti.
Infatti, l’ente locale nel determinare le tariffe TARI esercita un potere discrezionale di natura tecnica e non politica, pertanto, è tenuto al rispetto del principio di proporzionalità.
Sul punto, il TAR Puglia-Lecce, con la decisione sopracitata, richiamando la sentenza n. 4223/2017 del Consiglio di Stato in tema di TIA1, ha osservato: “Orbene, il Consiglio di Stato (sent. n. 4223/2017), dichiarando illegittimo un regolamento comunale in tema di Tariffa di Igiene Ambientale (c.d. TIA1) che fissava tariffe più alte per le utenze domestiche dei non residenti nel comune rispetto ai residenti, ha affermato importanti principi in materia di limiti alla discrezionalità dei comuni nella fissazione delle tariffe della tassa sui rifiuti.
In particolare, il Consiglio di Stato ha evidenziato che la discrezionalità dell’ente territoriale nell’assumere le determinazioni al riguardo, segnatamente, nello stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti cui la norma fa riferimento per tipologie, ha natura eminentemente tecnica, non politica. Come tale, si deve basare su una stima realistica in ragione delle caratteristiche proprie di quel territorio comunale e se del caso della sua vocazione turistica: deve insomma concretamente rispettare, nell’esercizio di siffatta discrezionalità tecnica, il fondamentale e immanente principio di proporzionalità, incluse adeguatezza e necessarietà.
Non rispetta tali principi il regolamento comunale che preveda una distinzione tariffaria sulla base del criterio formale della residenza del soggetto passivo, stabilendo una tariffa maggiorata per coloro che sono residenti fuori dal territorio comunale.
Se è vero che l’imposta sui rifiuti è di pertinenza dei comuni, è altrettanto vero che questi non hanno piena libertà di determinare le tariffe, generando irragionevoli o immotivate discriminazioni tra categorie di superfici sostanzialmente omogenee tra loro. La cornice resta sempre la legge e, soprattutto, la Costituzione che impone il principio di parità di trattamento e di contribuzione secondo la capacità reddituale dei cittadini. Poiché la discrezionalità di cui si avvale l’ente nel determinare le tariffe ha natura tecnica, non politica, il Comune, nel determinare le tariffe della tassa sui rifiuti, deve rispettare il fondamentale principio di proporzionalità, anche in applicazione del canone comunitario secondo cui “chi inquina paga”. [...] il principio espresso in tema di TIA1 dal Consiglio di Stato è chiaramente suscettibile di essere esteso anche all’attuale tassa sui rifiuti, la TARI, che al pari della TIA1 ha natura tributaria, presuppone il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o aree scoperte atti a produrre rifiuti urbani ed è dovuta in base a una tariffa annuale per la determinazione della quale il comune deve tener conto del metodo normalizzato di cui al D.P.R. n. 158/1999.
Appare illegittimo, siccome irragionevole ed in contrasto con il principio di proporzionalità, lo scostamento, tra l’altro notevole, tra la TARI applicata alle utenze abitative domestiche residenziali e la TARI applicata a quelle domestiche non residenziali. [...] È illogico e discriminatorio, in assenza di adeguate ragioni, sottoporre a diversa tassazione le utenze abitative dei residenti rispetto a quelle dei non residenti. Questo criterio infatti non si correla all’effettiva capacità di produrre rifiuti. Il legislatore nazionale ha, anzi, rimesso alla facoltà discrezionale degli enti locali la previsione di riduzioni della tariffa in dipendenza della utilizzazione saltuaria o stagionale del servizio comunale (cfr. art. 1, comma 659, L. n. 147/2013). Ragione vuole infatti che, abitando i residenti con continuità nel territorio comunale, gli stessi producano ben più rifiuti di coloro che invece, a parità di condizioni abitative, vi soggiornano solo per periodi di tempo limitati o saltuari (generalmente, proprio i non residenti). Ciò vale, a maggior ragione, in una località turistica a vocazione balneare, prettamente stagionale, dove è normale immaginare che i non residenti siano mediamente assenti per la maggior parte dell’anno, limitandosi la presenza a parte della stagione estiva (Cons. Stato, sez. V, 6 settembre 2017, n. 4223).
Dunque, anche sotto tale imprescindibile profilo, ancorato alla realtà e normalità delle cose, non trova giustificazione – sotto il profilo dei presupposti applicativi del tributo in esame – l’opposta scelta del Comune di gravare maggiormente le abitazioni dei non residenti. Né l’Amministrazione ha dimostrato che per una qualche ragione concreta alle unità abitative dei non residenti fossero comunque da addebitare maggiori quantità di rifiuti rispetto alle altre, tali da giustificare i contestati maggiori costi.”.