TARI: determinazione della tariffa
Con sentenza n. 17058 del 20/06/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito che, nei casi in cui un Ente prevede l’applicazione di specifiche tariffe per alcune tipologie di immobili o, viceversa, della medesima tariffa per determinate categorie di immobili, ai fini della disapplicazione, si esclude il vizio di illegittimità del regolamento e della determina di approvazione delle tariffe.
“In proposito è stato riconosciuto che la determinazione della tariffa da applicare, ai fini Tarsu, costituisce una scelta discrezionale che rientra nei limiti della potestà impositiva attribuita al comune dall’ordinamento, non vietata da alcuna norma statale (Cass. n. 5358 del 2020, nell’ipotesi di delibere di equiparazione tra strutture alberghiere e B&B; Sez. 6 - 5, n. 33545/2019, Rv. 656430 - 01 con riferimento alla tariffa della Tarsu da applicare negli istituti penitenziari)”.
La controversia, analizzata dai giudici, ha ad oggetto l’impugnazione avverso un avviso di accertamento TARSU per l’anno 2010, in cui l’Ente impositore contestava l’omessa presentazione della denuncia Tarsu inerente ad un’area, adibita a parcheggio scoperto a pagamento, a uso esclusivo dell’ospedale civile della città, e data in concessione ad una Società. L'Ente, in fase di calcolo di quanto dovuto a titolo di TARI nell'atto di accertamento, ha attribuito all'immobile la categoria "A/4" predisposta per depositi, magazzini, autorimesse, autolavaggi, garages.
Conseguentemente, la parte ricorrente contestava il regolamento comunale che, secondo il principio di diritto comunitario per cui «chi inquina paga», avrebbe dovuto prevedere un'apposita sottocategoria per le aree scoperte adibite a parcheggio pubblico, essendo queste caratterizzate da una peculiare potenzialità di produzione di rifiuti. Secondo la società ricorrente, sarebbe stato necessario operare una distinzione in base al tipo d’uso, non essendo possibile equiparare i parcheggi al chiuso con le aree scoperte adibite a parcheggio.
I giudici della Suprema Corte, ritenendo infondata tale supposizione della parte contraente, hanno affermato: “la legge non obbliga l'ente impositore a determinare in maniera rigorosamente omogenea e paritaria le tariffe in relazione agli immobili cui si riferisce il tributo, essendo l'amministrazione comunale titolare di un potere tecnico-discrezionale che deve necessariamente tenere conto delle peculiarità delle varie possibili fattispecie oggetto di regolamentazione in ragione delle caratteristiche del suo territorio e della produzione di rifiuti; ma una tale valutazione non può giungere a contraddire le finalità stesse e la ratio del tributo. Quest’ultima è strumentale alle finalità, consistenti nell'idoneità e necessità del gettito tributario a coprire i costi complessivi del servizio erogato, ripartendone ragionevolmente gli oneri in coerenza alla natura di tassa e con la quantità di rifiuti potenzialmente producibili dalle varie tipologie di beni e della rispettiva capacità inquinante. La discrezionalità dell'ente territoriale nell'assumere le determinazioni al riguardo, in particolare, nello stimare in astratto la capacità media di produzione di rifiuti per tipologie, ha natura eminentemente tecnica, non "politica".”
Dunque, l’Ente deve basarsi su una stima realistica in ragione delle caratteristiche proprie dell'imposizione; deve insomma concretamente rispettare, nell'esercizio di siffatta discrezionalità tecnica, il fondamentale e immanente principio di proporzionalità, incluse adeguatezza e necessarietà.
Infatti, nella sentenza impugnata, si è ritenuto legittima la riconducibilità dell’area in oggetto, adibita a parcheggio all’aperto nella categoria A/4 in cui sono inclusi anche i garages, i depositi e le autorimesse.
Si è precisato, inoltre, che "l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell'obbligazione tributaria spetta all'amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa, mentre l'onere di provare eventuali esenzioni o riduzioni tariffarie è posto a carico dell'interessato. (...) Nel caso di specie, si osserva che, sotto il profilo della produzione di rifiuti, l’attività svolta all’interno delle aree scoperte adibite a parcheggio è del tutto sovrapponibile a quella svolta negli immobili adibiti ad autorimesse o a garages. Si tratta sempre di prestazioni di servizi, nella specie attività di parcheggio o ricovero di beni o mezzi, a fronte della prestazione di un corrispettivo. Nella verifica del criterio dell’omogeneità circa la potenzialità di produzione di rifiuti ben poco cambia se l’attività sia svolta al coperto o al chiuso".
In conclusione, a seguito di determinazione di approvazione delle tariffe per una specifica categoria da parte dell’Ente impositore, spetta esclusivamente al contribuente dare prova dell’eventuale diverso utilizzo dell’immobile, tale da non essere oggettivamente tassabile ovvero del diverso valore che la zona detiene, ai fini della minore tassabilità. La circostanza relativa all’inferiore capacità produttiva di rifiuti dell’area scoperta adibita a parcheggio, ad esempio come in questo caso, deve essere dimostrata e non solo dedotta genericamente.
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