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TARI: Chiarimenti sulla legittimità dell’avviso di accertamento

Con sentenza n. 19385 datata 08/07/2021 la Corte di Cassazione ha risolto, con ricorso respinto, la controversia sorta a seguito dell’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini TIA per gli anni dal 2007 al 2011.

Nel caso specifico il contribuente contestava l’omessa considerazione dello smaltimento autonomo dei rifiuti speciali prodotti nell’attività di carrozzeria con appositi contratti stipulati con ditte specializzate e per inesatta determinazione delle superfici tassabili. Altresì, si evidenziava la mancata motivazione sull’avviso di accertamento e degli allegati relativi alle delibere comunali tariffarie o altre richiamate.

La Corte giunge a conclusione che: «In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), grava sul contribuente l’onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dall’art. 62, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, per quelle aree detenute, od occupate, che, in ragione di specifiche caratteristiche strutturali o di destinazione, non producono rifiuti o producono rifiuti speciali (smaltiti dallo stesso produttore a proprie spese), in quanto il principio secondo cui spetta all’Amministrazione provare la fonte dell’obbligazione tributaria non si estende alla dimostrazione della spettanza o meno delle esenzioni, le quali costituiscono eccezioni alla regola generale della debenza del tributo da parte di tutti coloro che occupano, o detengono, immobili nel territorio comunale. (Nel dare applicazione al principio, la S.C. ha escluso che la semplice comunicazione al Comune dell’avvio dell’attività di autorimessa costituisse prova in grado di dimostrare l’improduttività di rifiuti da parte dell’immobile)» (Cass. n. 10634 del 2019).

Inoltre si è ritenuto doveroso indicare che «In tema di TARSU, la verifica dell’adeguatezza della motivazione dell’avviso di accertamento in rettifica va condotta in base alla disciplina dettata, per l’accertamento dei tributi di competenza degli enti locali, dall’art. 1, comma 162, della I. n. 296 del 2006, sicché, ove la rettifica venga effettuata sulla base della variazione della superficie tassabile o della tariffa o della categoria, deve ritenersi sufficiente l’indicazione nell’atto della maggiore superficie accertata o della diversa tariffa o categoria ritenute applicabili, in quanto tali elementi, integrati con gli atti generali (quali i regolamenti o altre delibere comunali), sono idonei a rendere comprensibili i presupposti della pretesa tributaria, senza necessità di indicare le fonti probatorie e le indagini effettuate per rideterminare la superficie tassabile, potendo ciò avvenire nell’eventuale successiva fase contenziosa» (Cass. n. 20620 del 2019).

In merito alla mancanza degli atti allegati, la Corte ha affermato che: “Ne deriva che sono esclusi dall’obbligo dell’allegazione gli atti che si rivelano irrilevanti per il raggiungimento della detta funzione e gli atti (in specie quelli a contenuto normativo, anche secondario quali le delibere o i regolamenti comunali) giuridicamente noti per effetto ed in conseguenza dell’avvenuto espletamento delle formalità di legge relative alla loro pubblicazione”. Quindi, l’Ente non è tenuto ad allegare le delibere comunali tariffarie o altre richiamate.