Stralcio debiti commerciali: maggiore IVA split ammessa a rimborso
Nella Risposta n. 482/2023 l'Agenzia delle entrate conferma l'impossibilità di compensare direttamente la maggiore IVA split versata rispetto al dovuto in assenza di nota di credito (risoluzione 21 dicembre 2020, n. 79/E), non ponendo sullo stesso piano, come richiesto da un Comune, la compensazione o il rimborso.
Tuttavia, ammette la possibilità di chiedere a rimborso la maggiore IVA split versata in caso di una "transazione", avvenuta con stralcio parziale dei debiti verso i fornitori beneficiando della procedura di cui all'articolo 1, commi da 567 a 580, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (definizione in via transattiva dei debiti commerciali per taluni comuni, mediante pagamento di una somma variabile in ragione dell'applicazione delle percentuali fissate dal comma 575 tra il 40 e l'80 per cento, in relazione all'anzianità del debito), dove però il Comune aveva prudenzialmente assolto l'IVA, in scissione dei pagamenti, sulle fatture originarie, quindi ante decurtazione, senza aver ricevuto una nota di credito.
Va premesso che il rimedio ordinario per la riduzione dell'IVA addebitata in eccesso è la nota di variazione. In particolare, nel caso di specie si applica l'art. 26, comma 3, del D.P.R. 633/1972 che estende la possibilità di emettere le note di variazione in diminuzione ai casi di accordo tra le parti, nonché di indicazione in fattura di corrispettivi o relative imposte in misura superiore a quella reale, limitandone però la portata temporale ad un anno dall'operazione originaria. Non è possibile, invece, il ricorso ordinario all'istituto disciplinato dall'articolo 30ter del rimborso IVA "essendo norma residuale ed eccezionale" (risposta ad interpello n. 762/2021).
Tuttavia, l'Agenzia precisa che il rimborso "non può essere utilizzato ordinariamente per ovviare alla scadenza del termine di decadenza per l'esercizio del diritto alla detrazione, qualora tale termine sia decorso per "colpevole" inerzia del soggetto passivo [...], ma solo laddove il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ex articolo 26, comma 2, del dPR n. 633 del 1972". Nel caso specifico, l'Amministrazione è dell'avviso che "... Tali norme," ovvero la procedura di cui alla L. 234/2021 "che definiscono con precisione le tempistiche, le modalità e le condizioni di stipula dell'atto transattivo, ne rappresentano la "causa" e l'imprescindibile "presupposto", sicché non può dirsi che l'accordo sia scaturito dalla piena autonomia tra le parti. In tale circostanza, il termine di un anno decorrente dall'effettuazione dell'operazione contemplato dall'articolo 26, comma 3, del decreto IVA, ai fini dell'emissione di una nota di variazione in diminuzione «in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti» è ormai spirato per circostanze non imputabili alla colpevole inerzia delle parti. Pertanto, pur non essendo più possibile emettere il documento in parola risultando così preclusa la possibilità per l'istante di scomputare la maggiore imposta versata dalle liquidazioni IVA dei mesi successivi resta comunque ferma la possibilità di presentare domanda di rimborso ai sensi dell'articolo 30ter, comma 1, del decreto IVA".