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Specifica riserva di posti per le persone diversamente abili

Il DL 44/2023, convertito in Legge 74/2023, all’art. 1 comma 14-septies prevede la possibilità di individuare, con riferimento alla quota riservata dalla normativa vigente all’assunzione obbligatoria di soggetti rientranti nelle categorie protette, eventuali riserve in favore dei gruppi di persone con disabilità per i quali si riscontra una maggiore difficoltà di inserimento lavorativo.

La norma dispone:

Nell'ambito della revisione della disciplina in materia di inclusione lavorativa, nel settore pubblico e nel settore privato, possono essere individuate, con riferimento alla quota di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), della legge 12 marzo 1999, n. 68, eventuali specifiche riserve in favore delle categorie di persone con disabilità per le quali si riscontra una maggiore difficoltà di inserimento lavorativo.

Il Servizio studi del Senato evidenzia che le quote di riserva a cui fa riferimento la disposizione in commento sono quelle previste dall’articolo 3 della L. 68/1999 in favore dei soggetti aventi titolo all'assunzione in quanto rientranti nelle categorie protette definite ai sensi della medesima legge n. 68. Il richiamato art. 3 della L. 68/1999 prevede, in favore di determinate categorie di lavoratori, un obbligo di assunzione (cd. quota di riserva) da parte dei datori di lavoro, pubblici e privati, diverso a seconda del numero di dipendenti presenti.

Le quote sono le seguenti:

- da 15 a 35 dipendenti, 1 lavoratore disabile.

- da 36 a 50 dipendenti, 2 lavoratori disabili;

- oltre 50 dipendenti, il 7% dei lavoratori occupati

La richiamata L. n. 68/1999 individua come beneficiari di quanto ivi disposto:

- le persone in età lavorativa affette da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali e ai portatori di handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento;

- le persone invalide del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33 per cento;

- le persone non vedenti o sordomute

- le persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio

- gli orfani e i coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause;

- i coniugi e i figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati;

- i figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, anche se separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se cessata, o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, condannati ai sensi dell'articolo 577 del codice penale (L. 4/2018);

- coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 67-bis, co. 1, D.L. 34/2020.

Si ricorda che la Direttiva del Dipartimento della funzione pubblica n. 1/2019 ha fornito chiarimenti e linee guida in materia di collocamento obbligatorio delle categorie protette.

Inoltre, in attesa di una disciplina organica del diritto al lavoro degli orfani e dei coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di lavoro, di guerra o di servizio, ovvero in conseguenza dell'aggravarsi dell'invalidità riportata per tali cause, nonché dei coniugi e dei figli di soggetti riconosciuti grandi invalidi per causa di guerra, di servizio e di lavoro e dei profughi italiani rimpatriati, è attribuita in favore di tali soggetti una quota di riserva, sul numero di dipendenti dei datori di lavoro pubblici e privati che occupano più di cinquanta dipendenti, pari a un punto percentuale e determinata secondo la suddetta disciplina. La predetta quota è pari ad un'unità per i datori di lavoro, pubblici e privati, che occupano da cinquantuno a centocinquanta dipendenti. Tale quota di riserva si applica altresì in favore: dei figli orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno del genitore medesimo dal coniuge, anche se legalmente separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o dalla persona legata da relazione affettiva e stabile convivenza, condannati ai sensi della normativa vigente; di coloro che, al compimento della maggiore età, vivono fuori della famiglia di origine sulla base di un provvedimento dell'autorità giudiziaria.