Società in house: giurisdizione della Corte dei Conti per il danno erariale dell’amministratore
La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sul ricorso presentato dall’amministratore di una società in house condannato dalla Corte dei Conti al risarcimento del danno erariale cagionato dalla delibera di consiglio di amministrazioni che ha autorizzato una spesa superiore al limite posto dal socio pubblico, ritiene corretta la devoluzione della controversia alla giurisdizione contabile “risultando tale statuizione conforme all'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di società di capitali partecipate da enti pubblici, secondo cui, ove dalle disposizioni statutarie vigenti all'epoca cui risale la condotta ritenuta illecita emerga la sussistenza di tutti i requisiti necessari per la qualificazione della partecipata come società in house providing, la cognizione in ordine all'azione di responsabilità promossa nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo per i danni cagionati al patrimonio della società spetta alla Corte dei conti” ciò in quanto le società in house “costituiscono diretta espressione dell'Amministrazione che se ne avvale per l'autoproduzione di beni e servizi, rispetto alla quale si pongono alla stessa stregua di articolazioni organizzative interne, sicché la loro attività non è rapportabile a quella di un soggetto privato dotato di un'autonoma soggettività giuridica, ma resta sostanzialmente imputabile all'Amministrazione di riferimento; i vincoli gerarchici cui sono assoggettati i loro organi nei confronti di quest'ultima impediscono inoltre di considerarli, come gli altri amministratori delle società a partecipazione pubblica, investiti di un mero munus privato, inerente ad un rapporto di natura negoziale instaurato con la società, rendendo invece configurabile un vero e proprio rapporto di servizio, così come accade per gli altri dirigenti preposti ai servizi erogati direttamente dall'ente pubblico: per tale motivo, si è affermato che il pregiudizio derivante dalla condotta degli agenti, pur incidendo sul patrimonio della società, formalmente separato da quello dell'ente titolare della partecipazione, rileva, sotto il profilo sostanziale, come danno al patrimonio di quest'ultimo, con la conseguenza che la giurisdizione in ordine all'azione risarcitoria spetta alla Corte dei conti”
La Corte rileva altresì che, “venendo a cadere lo schermo rappresentato dall'autonomia soggettiva e patrimoniale della società, la diretta incidenza sul patrimonio di quest'ultima del danno arrecato dagli amministratori o dai componenti degli organi di controllo non consente di escludere anche la configurabilità di un danno erariale”; in linea con il disposto dell’art. 12 del D.lgs. 175/2016, “laddove sia prospettato sia un danno erariale che un danno arrecato alla società, al di là di una semplice interferenza fra i due giudizi, deve ritenersi ammissibile la proposizione, per gli stessi fatti, di un giudizio civile e di un giudizio contabile risarcitorio”. In tal senso muove “l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la circostanza che le predette azioni abbiano ad oggetto il medesimo danno non costituisce ostacolo alla loro coesistenza, né comporta un rischio di violazione del principio del ne bis in idem: considerato infatti che le due giurisdizioni sono reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, e tenuto altresì conto della tendenziale diversità di oggetto e di funzione tra i relativi giudizi, il rapporto tra le due azioni si pone in termini di alternatività anziché di esclusività, e non dà quindi luogo a questioni di giurisdizione ma, eventualmente, di proponibilità della domanda (…), fermo restando il limite (che può essere fatto valere, se del caso, anche in sede di esecuzione) rappresentato dal divieto di duplicazione del risarcimento, il quale impone a ciascuno dei Giudici di tener conto, nella liquidazione, di quanto eventualmente già riconosciuto nell'altra sede” (Corte di Cassazione - Ord. Sez. Un. n. 614/2021)