Separazione IVA attività immobiliare: chiarimenti
La separazione delle contabilità ai fini IVA ai sensi dell'art. 36 c. 3 del DPR 633/1972, in ambito immobiliare, non può fondarsi esclusivamente sul regime esente o imponibile della locazione, ma piuttosto sulla categoria catastale dell'immobile (abitativo ovvero strumentale). Tuttavia, in presenza di criteri oggettivi ovvero di effettivo esercizio di attività distinte, a prescindere dal mero criterio del codice ATECO, potrà tenersi una contabilità distinta al fine di evitare o limitare il formarsi di pro-rata in presenza di operazioni esenti ed imponibili.
Lo chiarisce la Risposta n 471/2021 per una una istanza presentata da un Fondo pensione che esercita attività di gestione di immobili propri ma intende avviare un progetto di sviluppo e valorizzazione urbanistica su un complesso immobiliare, il quale, all'esito di una serie di interventi di riqualificazione e ristrutturazione, verrà riconvertito dall'attuale destinazione d'uso uffici a quella residenziale. Il chiarimento può riguardare anche gli enti locali, nell'ambito dell'attività di gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare, la quale può assumere rilevanza IVA (v. risoluzione n. 169/E/2009).
Il fondo pensione che esercita locazioni e cessioni di beni immobili a destinazione abitativa esercita attività rientrante nel settore "compravendita di immobili effettuata su beni propri", identificato con codice ATECO 68.10.00 relativo alla sola attività di compravendita immobiliare. Viceversa, le attività di cessione che avranno luogo in esito all'attività di sviluppo e riqualificazione relativa ad un complesso immobiliare devono ritenersi comprese nel settore dedicato alla "costruzione di edifici residenziali e non residenziali", identificato con Codice ATECO 41.20.00 che ricomprende, come previsto nelle note esplicative del medesimo Codice ATECO "la costruzione completa di edifici residenziali o non residenziali eseguiti per conto proprio o per conto terzi e poi venduti" oltre a "lo sviluppo di progetti immobiliari con costruzione".
Di conseguenza, potrà optare per la separazione delle attività ai sensi dell'art. 36 del DPR 633/1972 dato che si è in presenza di attività effettivamente distinte ed obiettivamente autonome; la nuova attività interessa beni immobili di categoria catastale differente rispetto a quelli oggetto della attività (in regime di esenzione Iva) di cessione immobiliare fino ad oggi posta in essere dall'istante su immobili abitativi, atteso che l'intervento di sviluppo e riqualificazione da effettuare deve essere realizzato su un complesso immobiliare avente destinazione d'uso uffici da riconvertire in immobili ad uso residenziale.
Si tratta pertanto di attività contraddistinte non soltanto da differenti codici ATECO e da distinti regimi fiscali applicabili (esenzione ed imponibilità Iva), ma da differenti categorie catastali degli immobili.
Non trovano pertanto applicazione, con riferimento all'attività di sviluppo e riqualificazione di immobili, le limitazioni alla detrazione dell'Iva derivanti dall'applicazione del meccanismo del pro-rata, di cui al comma 5 dell'articolo 19 del DPR n. 633 del 1972, a mente del quale "ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell'articolo 10, il diritto alla detrazione dell'imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all'art. 19-bis".
La nota ricorda che l'opzione per la separazione delle diverse attività economiche, prevista per i soggetti che esercitano più imprese o più attività nell'ambito della stessa impresa (i.e. separazione facoltativa delle attività), presuppone che le attività in questione siano distinte e obiettivamente autonome.
Con la circolare n. 19/E del 2018 è stato chiarito che, ai fini della separazione delle attività, il riferimento ai codici ATECO costituisce solo uno dei criteri con cui è possibile procedere alla separazione. Si tratta, infatti, di un criterio formalistico che, in quanto tale, consente più agevolmente un controllo circa la corretta imputazione delle singole operazioni alle attività di cui trattasi ed è, dunque un criterio utile e adottabile in via principale, ma non può considerarsi esaustivo per il riscontro del carattere della diversità delle attività separabili.
Per quanto riguarda, in particolare, la separazione facoltativa delle attività nell'ambito del settore immobiliare, come chiarito con la circolare n. 22/E del 2013 (cfr. paragrafo 9), la formulazione letterale dell'art. 36 terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 presuppone un criterio di separazione basato non solo sul regime IVA (esenzione o imponibilità) applicato all'operazione, ma anche sulla categoria catastale del fabbricato (abitativo ovvero diverso dall'abitativo). La risposta 18 dicembre 2020, n. 608 ha quindi negato la possibilità di separare l'attività basata esclusivamente sul regime fiscale (di esenzione o di imponibilità) applicato alle cessioni o locazioni dei beni immobili classificabili sotto il (comune) profilo catastale degli immobili, ma ha espressamente riconosciuto che, nel caso i fondi, possono avvalersi dell'utilizzo della contabilità separata, nel rispetto di criteri specifici.