Sanzioni pecuniarie e procedura concorsuale
La Corte di Cassazione con Sentenza n. 3961 del 13 febbraio 2024, dando continuità a precedenti orientamenti della giurisprudenza, ha precisato: “... è stato affermato che in tema di sanzioni pecuniarie per violazioni delle leggi tributarie, il fallimento del contribuente prima della scadenza del termine di pagamento del tributo non consente di imputare a lui o agli organi della procedura alcuna colpevole inadempienza, ai sensi dell' art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 , poiché, prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, i termini per effettuare il pagamento da parte del contribuente in bonis non sono ancora scaduti e, dopo tale dichiarazione, in ragione dell'applicazione delle regole del concorso, il pagamento non può più essere validamente eseguito dagli organi della procedura (cfr. Cass. T, n. 26728/2023). Peraltro, era stato affermato che le sanzioni pecuniarie per la violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento o alla procedura concorsuale del contribuente, costituiscono un credito che soggiace all'applicazione di tutte le regole civilistiche, sia che si verta in una fase fisiologica del rapporto obbligatorio, sia che si verta nell'ambito di una procedura concorsuale, dovendo l'Amministrazione soddisfarsi secondo le regole del concorso nei modi stabiliti dalla legge”.
Di conseguenza, la Suprema Corte ha ritenuto infondata l'eccezione per la quale: “in costanza di fallimento, l'esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe essere congelata, potendo l'amministrazione finanziaria farle valere esclusivamente una volta che il fallito sia tornato "in bonis", sia perché il fallimento non equivale alla morte dell'imprenditore, tanto che con esso il contribuente non viene privato della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, sia perché la postergazione del pagamento dei crediti derivanti dalle sanzioni pecuniarie violerebbe la disciplina imperativa di cui all' art. 2752 c.c. e diverrebbe un modo per sfuggire al pagamento delle sanzioni amministrative in danno dell'erario (cfr. Cass. V, n. 23322/2018)”.
Per queste ragioni, la Cassazione nel caso di specie, non potendo addebitare nulla né alla società, per non aver assolto un debito non ancora scaduto, né alla procedura, per non aver saldato un debito attratto alla disciplina speciale, affermava l’infondatezza del ricorso dell’Agenzia delle Entrate (presentato per non aver la società contribuente provveduto a pagare un cartella esattoriale, ricevuta in pendenza della liquidazione coatta amministrativa) e conseguentemente lo rigettava.