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Ristrutturazione edilizia: se c’è aumento volumetrico serve comunque il permesso di costruire

All’interno della sentenza n. 4005 del 2 maggio 2024, il Consiglio di Stato, partendo dalla proposta di appello presentata da un privato in relazione alla erronea valorizzazione del “chiaro disposto dell’art. 3, primo comma, lett. d) del DPR n. 380/2001” compiuta dai giudici di primo grado, ha offerto una panoramica sull’evoluzione normativa della definizione di “ristrutturazione edilizia”.

In particolare, l’appellante ha contestato la sovrapposizione operata in prime cure delle disposizioni di cui all’art. 3, lettere d) ed e1), relative la prima alla “fattispecie degli “incrementi volumetrici” in ambito di demolizione e ricostruzione” e la seconda alla “diversa fattispecie di “ampliamento” dei manufatti esistenti … relativa alla definizione di nuova costruzione”.

Rigettando il motivo di ricorso, la Magistratura ha ricordato che “gli interventi di ristrutturazione edilizia sono rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti.

Questa definizione è stata originariamente recepita dall’art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380/2001.

Tale disposizione è stato nondimeno oggetto, nel corso degli anni, di progressivi interventi legislativi, che ne hanno significativamente ampliato la portata e la conseguente sfera applicativa.

Accanto alla originaria matrice comunque conservativa (la ristrutturazione come insieme sistematico di opere sull'esistente volta alla formazione di un corpo edilizio strutturalmente e funzionalmente innovativo) nel tempo sono stati, infatti, ricondotti al perimetro della ristrutturazione anche il ripristino di edifici demoliti o crollati e la demolizione-ricostruzione”.

Ripercorrendo quindi gli interventi legislativi che hanno comportato il susseguirsi di modifiche alla disposizione di cui trattasi, a partire dalla versione originaria fino a quella attualmente in vigore, e operando altresì rinvio all’art. 10 del medesimo testo normativo (e sue modifiche nel tempo) in relazione ai “permessi di costruire”, il Collegio ha concluso che “contrariamente a quanto assume la parte appellante, l’intervento di demolizione e ricostruzione può prevedere anche incrementi di volumetria, ma soltanto nei casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana ed è, comunque, soggetto al regime normativo del permesso di costruire.

E in effetti, anche quando l’incremento di volumetria preesistente è espressamente consentito nei termini appena indicati (ovvero quando sia espressamente previsto dal PRG o dalla legislazione), … si versa in una fattispecie che esorbita dalle opere di mero recupero, tanto è vero che l’art. 10 comma 1, TUE … annovera gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici, tra quelli di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, prevedendosi l’assoggettamento di tale fattispecie al regime del permesso di costruire e non a quello della segnalazione certificata di inizio attività.”

Richiamando quanto già osservato dallo stesso Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza n. 2567 del 30 maggio 2017, i Giudici hanno evidenziato come sostanzialmente il legislatore abbia voluto collegare “la necessità del permesso di costruire a fenomeni di “trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio” e, in primo luogo, qualifica come tali la nuova costruzione, la ristrutturazione urbanistica e la ristrutturazione edilizia; in secondo luogo, demanda alle Regioni di individuare quali interventi (diversi da quelli precedentemente indicati) comportanti trasformazione urbanistica (ma non necessariamente edilizia), richiedano il permesso di costruire in ragione della loro natura ed incidenza, in particolare, sul carico urbanistico.

In ambedue le ipotesi innanzi considerate, appare evidente come il permesso di costruire si colleghi sempre ad interventi che incidono sul territorio, trasformandolo sul piano urbanistico - edilizio, o anche su uno solo dei due (Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2017, n. 2567).”