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Rinegoziazione canoni di affitto solo se si rischia la risoluzione

La Pubblica Amministrazione nell’esercitare la sua riconosciuta capacità di diritto privato, deve rispettare il cd. “vincolo di funzionalizzazione” al perseguimento di pubblici interessi: anche quando agisce iure privatorum, non è libera nella scelta dei fini da perseguire, ma è sempre vincolata al perseguimento del pubblico interesse.

Di conseguenza, la Corte dei conti, sez. Lombardia, nella deliberazione 129/2021/PAR , precisa che la rinegoziazione del canone di un contratto di locazione (nel caso con compagnie di telecomunicazione per l’installazione di dispositivi di diffusione che avevano richiesto una riduzione a seguito delle "mutate condizioni finanziarie delle stesse e manifestando, in caso contrario, la possibilità di recedere anticipatamente") non può prescindere da una valutazione dell'interesse pubblico ed i principi esposti nella deliberazione SRCERO/32/2021/QMIG in tema di rinegoziazione dei contratti di locazione in epoca Covid e nella conseguente deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo valgono nell’eccezionalità della situazione creatasi come conseguenza di provvedimenti restrittivi a carico di alcune attività economiche operati dal Governo durante la pandemia. Tali principi non possono quindi automaticamente estendersi a comprendere qualunque fluttuazione economica negativa, che, semmai, dovrebbe indurre gli enti locali ad adottare misure di particolare cautela a salvaguardia dei propri equilibri di bilancio.

I principi (rilevanti anche in sede giuscontabile) di trasparenza, pubblicità e concorrenza, nonché di efficienza nella gestione del patrimonio pubblico, paiono quindi ostare alla concessione di un beneficio di carattere eccezionale (nel senso di esclusivo) al titolare della disponibilità di un bene pubblico, ove priva di contromisure.

A fronte della riduzione del corrispettivo per il godimento concesso a quest’ultimo, infatti, l’ente interessato dovrebbe reperire aliunde le risorse per finanziare le proprie attività istituzionali, realizzando una specifica variazione del bilancio.

Le Sezioni unite avevano acconsentito ad una riduzione temporanea del corrispettivo nei contratti di locazione di diritto privato stipulati con imprese a seguito dei plurimi provvedimenti di chiusura al pubblico emanati nel corso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, e dalla conseguente crisi economica, previa ponderazione dei diversi interessi coinvolti, da esternare nella motivazione del relativo provvedimento, in particolare considerando elementi quali:

Nel caso di specie, sussistono però significative differenze e l'esito della minacciata risoluzione contrattuale appare meno scontato. La Sezione rinvia alla deliberazione SRCERO/32/2021/QMIG per la ricostruzione in via estesa della complessa articolazione di principi del codice civile entro i quali si può creare uno spazio per la risoluzione del contratto con concreta prova a carico del contraente che la invoca, specificando che "Il che, per ciò stesso, comporta che ”(o)vviamente, la risoluzione può essere richiesta solo se la sopravvenuta onerosità supera la normale alea del contratto (art. 1467, secondo comma): in tal caso, la parte nei cui confronti è stata avanzata l’istanza di risoluzione (il Comune) può evitarla, manifestando la propria disponibilità, come già detto, ad una modifica equitativa delle condizioni del contratto”.

È, dunque, solo per fattispecie ben precise richiamate nella delibera stessa a valle di una richiesta di risoluzione, che si stabiliscono le condizioni per una successiva rinegoziazione del contratto.