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Rimborso spese sostenute per lavorare da casa escluso da IRPEF

Interessante ed attuale Risposta dell'Agenzia delle entrate (la n. 314/2021) sul trattamento fiscale dei rimborsi spese erogati ai dipendenti che svolgono l'attività lavorativa in smart working, soprattutto per quanto riguarda le modalità di determinazione degli stessi in assenza di spese analiticamente documentate ovvero di spese "promiscue", come quelle della propria abitazione.

Una Società intende sottoscrivere un accordo sindacale di secondo livello ovvero adottare un regolamento aziendale (senza, pertanto, il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali), avente ad oggetto il trattamento economico e normativo dei propri lavoratori e dei dipendenti che svolgono la loro attività con le modalità del lavoro agile (cosiddetto "smart working").
Tuttavia, al fine di tenere indenni i dipendenti dalle spese che si troveranno a sostenere per ragioni lavorative quando opereranno presso la propria abitazione, la Società intende concedere ad ogni dipendente una somma a titolo di rimborso delle spese delle quali il lavoratore si deve far carico per poter svolgere la propria attività lavorativa secondo le modalità del lavoro agile anziché presso i locali dell'azienda, determinata sulla base del calcolo, per ogni tipologia di spesa, del "risparmio giornaliero per la Società" e del "costo giornaliero per dipendente in smart working", stimato.
Tra le spese prese a riferimento vi sono l'utilizzo di energia elettrica, computer, ma anche servizi igienici (acqua e materiale di consumo) o il riscaldamento, per i periodi invernali. L'importo stimato è fissato in 0,50 euro.
La società chiedeva chiarimenti circa il trattamento fiscale delle somme corrisposte dalla Società a titolo di rimborso ai propri dipendenti in smart working ed in particolare se le somme erogate potessero essere escluse dal reddito di lavoro dipendente.

L'Agenzia osserva che, in linea generale, che tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente.
Tuttavia, con circolare 23 dicembre 1997, n. 326 è stato affermato, in generale, che possono essere esclusi da imposizione quei rimborsi che riguardano spese, diverse da quelle sostenute per produrre il reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, ad esempio, per l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore, quali la carta della fotocopia o della stampante, le pile della calcolatrice, etc..
Il concetto della onnicomprensività di reddito di lavoro dipendente, è stato ulteriormente approfondito nella risoluzione 9 settembre 2003, n. 178/E nella quale è stato chiarito che non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore (è il caso, ad esempio, degli indennizzi ricevuti a mero titolo di reintegrazione patrimoniale) e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro.
Il principio di mera reintegrazione patrimoniale del dipendente in caso di rimborso di spese sostenute dell'esclusivo interesse del datore è stato ribadito nella risoluzione 7 dicembre 2007, n. 357/E nell'affrontare una specifica questione in merito ai costi dei collegamenti telefonici.
Occorre inoltre ricordare, che in sede di determinazione del reddito di lavoro dipendente, le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell'ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all'uso nell'interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall'imposizione (vedasi quanto previsto dall'articolo 51, comma 4, lettera a), del TUIR, relativamente all'utilizzo promiscuo di autovetture).

Circa la modalità di determinazione dell'ammontare della spesa rimborsata, nella risoluzione 20 giugno 2017, n. 74/E è stato affermato che qualora il legislatore non abbia provveduto ad indicare un criterio ai fini della determinazione della quota esclusa da imposizione, i costi sostenuti dal dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.

Nell'ipotesi prospettata, il criterio per determinare la quota dei costi da rimborsare ai dipendenti in smart working, in sostanza, si basa su parametri diretti ad individuare costi risparmiati dalla Società che, invece, sono stati sostenuti dal dipendente. Sulla base di tale considerazione, l'Agenzia delle entrate, nella risposta n. 314/2021 ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente, così come calcolata possa, considerarsi riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro e che le somme erogate al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti non siano imponibili ai fini IRPEF.