Rilevante IVA l'attività finanziata al 70% svolta "come una impresa"
E' soggetta ad IVA l'attività (nel caso di formazione) svolta da un ente privo di scopo di lucro che, comportandosi però come una impresa, eroga il servizio avvalendosi di soggetti esterni (subappalti), facendo pagare un prezzo ben inferiore al costo di produzione, essendo finanziato al 70% da contributi europei.
Lo chiarisce la Corte di Giustizia Europea nella sentenza Causa C-87/23 che riprendendo concetti chiave già assodati dalla giurisprudenza unionale e nazionale (quali il fatto che l'attività possa considerarsi a titolo oneroso anche quando il corrispettivo non copre i costi), fornisce importanti spunti circa il concetto di esercizio di una attività "economica" (presupposto soggettivo), in specie nel caso degli enti locali che si pongono "sul mercato" con tariffe ben inferiori ai costi sostenuti e senza ovviamente uno scopo di lucro.
In particolare l'Associazione "si comporta come un'impresa che organizza e fornisce formazioni quando attua i progetti di formazione finanziati dal FESR, tramite la CFLA. In particolare, essa cerca progetti, clienti e formatori, dai quali acquista i servizi in subappalto. Essa fa pagare una parte del prezzo ai destinatari delle prestazioni di servizi di formazione, valuta il loro livello di conoscenze e raccoglie i loro riscontri sulla formazione, il che corrisponde a un'indagine tipica sulla qualità. È altresì pacifico che l'Associazione dispone di personale proprio per l'organizzazione dei suoi progetti, oltre ai subappaltatori di cui si avvale (...) Ne consegue che, dall'esterno, l'Associazione risulta essere un prestatore di servizi di formazione o di organizzazione di tali servizi paragonabile a qualsiasi altro operatore economico presente nello stesso mercato, con il quale essa è quindi in concorrenza".
Quanto al finanziamento "se il fatto che gran parte del suo finanziamento derivi da sovvenzioni pubbliche sembra creare incertezza circa la sostenibilità economica dell'Associazione, è importante sottolineare che tali sovvenzioni e il loro importo prevedibile costituiscono elementi in funzione dei quali l'Associazione elabora il suo piano di lavoro e la sua ricerca di clienti".
Conclude quindi la sentenza che " l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che lo status di associazione senza scopo di lucro di cui gode un'associazione non osta a che, al termine di un'analisi che tenga conto di tutte le circostanze dell'attività di quest'ultima e, in particolare, del fatto che tale attività sia comparabile al comportamento tipico di un operatore economico dello stesso settore, detta associazione possa essere considerata un soggetto passivo che esercita un'attività economica ai sensi di tale disposizione".