Rifiuti speciali e TARI
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24896 dello scorso 17 settembre 2024, in materia di TARI e in particolare riguardo l'esclusione della stessa ove si dimostri la produzione di rifiuti speciali ha osservato: "il tributo da applicarsi, ex art.1, commi da 641 a 649, L. n. 147 del 2013, a chiunque occupi oppure conduca locali, o aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o pertinenza dei locali medesimi, a qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio comunale - è strutturato in una parte variabile ed in una parte fissa, in modo che: - il presupposto impositivo della parte variabile della tariffa (sempre che sia stato istituito ed effettivamente svolto il servizio di raccolta e smaltimento) va individuato nella produzione di rifiuti urbani o assimilati, ferma restando la facoltà dei Comuni di prevedere una riduzione di questa parte variabile nel caso in cui il contribuente provi di smaltire in proprio, in tutto o in parte, i rifiuti assimilati prodotti; per contro, la quota variabile della tariffa non è dovuta allorquando il contribuente provi di produrre in via prevalente e continuativa rifiuti speciali non assimilabili o comunque non assimilati, e smaltiti autonomamente a mezzo di ditte esterne autorizzate; - la parte fissa della tariffa è invece dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, essendo essa destinata a finanziare i costi essenziali e generali di investimento e servizio nell'interesse dell'intera collettività (dunque indipendentemente dalla qualità e quantità dei rifiuti prodotti, così come dall'oggettiva volontaria fruizione del servizio comunale, purché effettivamente apprestato e messo a disposizione della collettività); si tratta di costi ai quali debbono partecipare tutti i possessori di locali all'interno del territorio comunale, in quanto astrattamente idonei ad ospitare attività antropiche inquinanti e, dunque, a costituire un carico per il gestore del servizio (Sez. 5 - , Ordinanza n. 5360 del 27/02/2020, Rv. 657343 - 01; vedi anche Sez. 5, del 15/05/ 2024 n. 13455)" e questo perché: "per la quota fissa, il comma 649 dell'art. 1, L. n. 147 del 2013 deve essere letto unitamente al successivo comma 651, che richiama espressamente il D.P.R. 17 aprile 1999 n. 158, Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani (normativa tutt'ora in vigore). Ai costi di investimento generali per il servizio di smaltimento devono contribuire tutti (coloro che hanno immobili nel territorio interessato) a prescindere dallo smaltimento diretto di alcuni rifiuti.".
Nonostante quanto sostenuto dalla Corte nella decisione sopra richiamata e i recenti arresti della Cassazione, si ricorda che l'art. 1, comma 649, l. 147/2013 prevede: "Nella determinazione della superficie assoggettabile alla TARI non si tiene conto di quella parte di essa ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a proprie spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune disciplina con proprio regolamento riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo, direttamente o tramite soggetti autorizzati. Con il medesimo regolamento il comune individua le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e di merci funzionalmente ed esclusivamente collegati all'esercizio di dette attività produttive, ai quali si estende il divieto di assimilazione. Al conferimento al servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani di rifiuti speciali non assimilati, in assenza di convenzione con il comune o con l'ente gestore del servizio, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.".