Revoca aggiudicazione per rifiuto di stipula del contratto da parte dell’aggiudicatario
Il Tar Lazio, con sentenza n. 928/2024 del 19 gennaio 2024, decidendo sull’impugnazione di un provvedimento di revoca di aggiudicazione di una gara d’appalto ha ricordato che consolidata giurisprudenza ritiene che “negli appalti pubblici non è precluso all'amministrazione di revocare l'aggiudicazione in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, del quale si è dato atto nella motivazione del provvedimento di autotutela, alla stregua dei principi generali dell'ordinamento giuridico, i quali, oltre che espressamente codificati dall'art. 21 quinquies della L. n. 241/1990, trovano fondamento negli stessi principi costituzionali predicati dall'art. 97 Cost., ai quali deve ispirarsi l'azione amministrativa” e che l’esercizio di detto potere “non è subordinato al ricorrere di ipotesi tipiche, tassativamente predeterminate dal legislatore, ma è rimesso alla valutazione ampiamente discrezionale dell'amministrazione (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2022, n. 833)”.
Nell’analizzare il caso concreto il Collegio, in particolare, ritiene che l’esercizio del potere di revoca dell'aggiudicazione dell'appalto è legittimamente esercitato dalla stazione appaltante a seguito del rifiuto da parte dell'aggiudicatario di stipulare il relativo contratto d'appalto anche quando il termine per la stipula del contratto sia scaduto precisando che “il rifiuto di stipulare il contratto a seguito di aggiudicazione di gara pubblica costituisce un fatto che, all'evidenza, può giustificare […] la revoca dell'aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 agosto 2019, n. 5780)”.
In conclusione, secondo il Tar, “non essendo previste dalla legge le ipotesi tassative nelle quali tale facoltà può essere esercitata” l’Amministrazione ha ampio potere discrezione nell’esercizio del potere di revoca e la stessa potrà “valutare e rivalutare la convenienza dell’operazione contrattuale alla luce degli interessi pubblici perseguiti”.
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