Revisori, non si modifica il compenso dopo la nomina
Il Ministero dell’Interno, in un parere del 4 novembre scorso ha comunicato di non ritenere possibile procedere a rideterminare i compensi dei revisori stabiliti nella delibera di nomina, salvo casi di modifica legislativa o errore nell'applicazione dei criteri individuati dalla norma. In particolare:
Si fa riferimento alla nota con la quale una Prefettura chiede l'orientamento ministeriale sulla questione rappresentata dal Segretario generale di un comune. In particolare, nella nota si riferisce che l'organo di revisione del comune è stato nominato con delibera consiliare del 2021 nella quale è stato confermato il compenso attribuito al precedente organo.
Detto compenso è stato fissato nella misura dell'importo massimo spettante agli enti della fascia demografica precedente (€10.150,00) arrotondato per eccesso a €10.500,00, aumentato del 50% al Presidente.
Non viene precisato se tale importo sia stato indicato e concordato con i revisori nella fase propedeutica alla nomina, relativa all'accettazione dell'incarico conseguente al sorteggio, ovvero sia venuto a loro conoscenza solo dopo la delibera e, nel caso, con quale atto sia stato formalizzato ed accettato il relativo incarico.
Infatti, si ritiene che anche la determinazione del compenso sia tra gli elementi che vanno espressamente comunicati al revisore ai fini della sua decisione in merito all'accettazione o meno dell'incarico. Di conseguenza, si deve dedurre che, almeno inizialmente ci sia stata, quantomeno, una tacita accettazione da parte dei revisori del compenso offerto dall'ente.
Dopo pochi mesi dalla nomina, il collegio di revisione ha eccepito l'erroneità dell'iter logico seguito dall'ente chiedendo l'applicazione del compenso massimo della fascia demografica di appartenenza del comune pari ad €12.890,00.
Il Segretario generale del comune chiede, quindi, se il compenso determinato nella delibera di nomina del collegio sia conforme alla normativa e al principio dell'equo compenso e se sia possibile procedere ad una variazione dello stesso durante il triennio dell'incarico.
In via preliminare, occorre precisare che l'Ufficio ministeriale può essere chiamato a pronunciarsi, essendo la materia di stretta pertinenza alle proprie funzioni, a titolo puramente collaborativo fornendo una riflessione in base alla quale l'ente locale, nella propria autonomia decisionale, potrà procedere alle proprie determinazioni.
Il comma 7 dell'articolo 241 del testo unico n.267 del 2000 prevede che "l'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina", rimettendo, in definitiva, la determinazione dell'emolumento in parola alla discrezionalità e alla responsabilità dell'organo politico al quale compete, ai sensi dell'articolo 234 del testo unico, la nomina dell'Organo di revisione.
Per quanto riguarda la determinazione del compenso dell'Organo di revisione economico-finanziaria, l'articolo 241, comma 1, del testo unico rimanda al decreto interministeriale la fissazione dei limiti massimi del compenso base spettante ai revisori. Con decreto interministeriale del 21 dicembre 2018, dopo anni di blocchi normativi all'aumento dei compensi negli enti locali, è stato possibile adeguare le tabelle, fino ad allora in vigore previste con precedente decreto del 2005, in considerazione, come riportato nel decreto stesso, "che le funzioni del revisore contabile nell'ultimo decennio sono esponenzialmente aumentate alla luce della legislazione della finanza pubblica e che questo impone l'adeguamento dei compensi base, anche per rispettare i principi sull'equo compenso, di cui all'articolo 13-bis della legge 31 dicembre 2012, n.247".
Il preciso richiamo all'equo compenso, introdotto per i forensi e poi esteso a tutti, nasce dalla necessità di garantire la qualità e l'affidabilità dei lavori richiesti al professionista in relazione al dettato del comma 3 dell'articolo 19-quaterdecies, del d.l. n.148 del 2017 che ha precisato che "La pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell'equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.". Il predetto comma 1 dell'articolo 241 delega a una norma di rango secondario la determinazione dei soli limiti massimi del compenso base spettante ai revisori dei conti, prendendo quali parametri oggettivi di riferimento la classe demografica e le spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale. La disciplina in vigore, per contro, non fissa espressamente un limite minimo, esponendo quindi il revisore, in alcuni contesti, a offerte di remunerazione in misura oggettivamente incongrua, rispetto alla delicatezza della funzione cui è chiamato, oltre che inadeguata a garantire gli elevati standard di diligenza e professionalità richiesti dalla complessità dell'incarico, con il rischio di comprometterne l'efficienza a detrimento dell'interesse pubblico tutelato e al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione fissato anche dall'articolo 97 della Costituzione. Fattispecie quest'ultima che non si appalesa nel caso in trattazione essendo stato deliberato un compenso minimo che di base può essere ritenuto congruo, come di seguito precisato.
Per cercare di colmare tale vuoto normativo, l'Osservatorio sulla finanza e contabilità degli enti locali del Ministero dell'interno, con atto di orientamento del 13 luglio 2017, ex articolo 154 comma 2, del testo unico n.267 del 2000, ha precisato che i limiti minimi al compenso vadano considerati coincidenti – nel silenzio del legislatore - con il limite massimo della fascia demografica immediatamente inferiore. Ne consegue che la scelta del Consiglio comunale di applicare un compenso leggermente superiore al massimo della fascia precedente sia conforme all'orientamento ministeriale. In sede di determinazione della misura dei compensi unitamente alla nomina, detto consesso ha assunto le proprie decisioni tenendo evidentemente conto dei nuovi tetti fissati dal decreto interministeriale vigente ma scegliendo di restare al di sotto del limite massimo previsto. In via generale, si ritiene si debba escludere la facoltà per gli enti locali di adeguare il compenso, in corso di rapporto, qualora non sia intervenuta una modifica normativa o non si sia verificato un palese errore nella determinazione dell'importo spettante Ciò proprio per evitare che durante il triennio si possano verificare variazioni incrementali del compenso che determinerebbero maggiori oneri a carico del bilancio a discapito dell'indipendenza dell'organo di revisione che potrebbe essere in tal modo posto in condizione di "riconoscenza" verso il proprio controllato.
Dalla lettura della delibera di nomina dell'attuale organo e di quello precedente, non si evince l'applicazione delle maggiorazioni previste dall'articolo 1 del citato decreto interministeriale del 21 dicembre 2018:
"a) sino ad un massimo del 10 per cento per gli enti locali la cui spesa corrente annuale pro-capite desumibile dall'ultimo bilancio preventivo approvato, sia superiore alla media nazionale per fascia demografica di cui alla tabella B, allegata al presente decreto;
b) sino ad un massimo del 10 per cento per gli enti locali la cui spesa per investimenti annuale pro-capite, desumibile dall'ultimo bilancio preventivo approvato, sia superiore alla media nazionale per fascia demografica di cui alla tabella C".
Si ricorda, al riguardo, che gli orientamenti pressoché unanimi delle varie sezioni regionali della Corte dei Conti hanno precisato che resta in capo al Consiglio Comunale la verifica delle condizioni previste per l'applicazione delle maggiorazioni e, ove sussistenti, applicarle entro il limite massimo del 10%, cumulabili tra di loro.
In conclusione, non si ritiene possibile, come più volte ribadito anche dalla giurisprudenza contabile, procedere a rideterminare i compensi dei revisori stabiliti nella delibera di nomina intervenuta successivamente all'entrata in vigore del D.M. 21 dicembre 2018, mancando la previsione normativa di limiti minimi garantiti, qualora i relativi importi risultino rispondenti ai requisiti di congruità e di adeguatezza. L'ente, potrebbe, invece, valutare la possibilità di applicare le maggiorazioni di cui al decreto interministeriale ministeriale 21 dicembre 2018, laddove spettanti, se non computate nella delibera di nomina per mero errore o dimenticanza.