Revisione prezzi non è automatica, ma comporta solo un interesse legittimo allo svolgimento di approfondimenti istruttori
Il TAR Veneto, con sentenza n. 3020 del 20 dicembre 2024 ha respinto il ricorso di appaltatore in merito al riconoscimento della revisione prezzi per lavori svolti presso la Provincia di Treviso. Quest’ultima ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità della domanda di accertamento del diritto alla revisione prezzi e di condanna al pagamento dello stesso in quanto l’inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo non comporterebbe per l’appaltatore un diritto all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma soltanto un interesse legittimo allo svolgimento degli approfondimenti istruttori necessari
I magistrati hanno evidenziato che la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni chiarito che: “Nella materia della revisione dei prezzi nei contratti di appalto di lavori, di servizi e di fornitura ha sempre operato la clausola di specialità dei rapporti con le pubbliche amministrazioni, di talché i normali parametri normativi (di cui agli artt. 1467 ss., 1664, 1677, etc., cod. civ.) di regola non operano nei predetti rapporti obbligatori, che sono invece disciplinati, sotto questo profilo, da norme speciali ad hoc, che tendenzialmente, peraltro, tendono a restringere il margine di scelta “discrezionale” dell’amministrazione committente, vincolandola variamente a stringenti e ben definiti presupposti sostanziali e procedimentali (posti per lo più a tutela dell’economicità dell’azione amministrativa e per ragioni di controllo della spesa pubblica, nonché, guardando al profilo eurounitario, per ragioni di tutela della concorrenza e del mercato).
L’istituto della revisione dei prezzi – tipica ‘clausola esorbitante’ rispetto al comune diritto contrattuale dei privati – ha attraversato negli ultimi decenni una fase di “crisi” ed è stato sottoposto a forti critiche per la sua incidenza negativa sull’andamento dei costi gestionali delle amministrazioni, fino al punto da essere notevolmente ridimensionato nel suo ambito applicativo. Per gli appalti di servizi e forniture a esecuzione periodica o continuativa l’art. 44, commi 4 e 6, l. 23 dicembre 1994, n. 724, prevedeva una revisione periodica dei prezzi sulla base di un’istruttoria condotta dalla stazione appaltante tenendo conto dei prezzi di mercato rilevati dall’Istat, meccanismo poi confermato dall’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006, che prevedeva l’obbligatorio inserimento nei contratti a esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture di una clausola di revisione periodica del prezzo che tenesse conto dei costi standardizzati per tipo di servizi e fornitura. Il codice del 2016, invece, si è limitato, nell’art. 106, a facoltizzare l’inserimento della previsione nei documenti di gara, ma solo a condizione che la modifica del contratto durante il suo periodo di efficacia non fosse tale da alterare le condizioni della gara, dovendo altrimenti essere esperita una nuova procedura di affidamento. Solo di recente, sull’onda della crisi pandemica e della forte impennata dei costi dell’energia e delle materie prime per la guerra in Ucraina, l’istituto è stato reintrodotto con numerose norme speciali (contenute per lo più nella decretazione d’urgenza e nelle ultime leggi annuali di bilancio). Il nuovo Codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 36 del 2023, lo ha nuovamente ammesso a sistema (art. 60: “1. Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi”).