Retrocessione di impianti sportivi ai Comuni soci: trattamento IVA
Interessante Risposta dell'Agenzia delle entrate (n. 15/2022) sul trattamento fiscale applicabile all'assegnazione a titolo gratuito ai Comuni soci di un impianto natatorio nell'ambito di un progetto di riassetto aziendale generale che prevede la retrocessione ai Comuni soci dell'impianto precedentemente gestito da società partecipata ed il trasferimento del relativo contratto di gestione nell'ambito di un project financing ad iniziativa privata.
La Società chiedeva se l'operazione potesse qualificarsi come assegnazione di un bene rilevante IVA o come cessione d'azienda (esclusa IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera b), del DPR 633/1972), l'eventuale imponibilità o esenzione IVA della cessione ai sensi dell'art. 10, primo comma, n. 8-ter del Decreto IVA e, qualora l'assegnazione dell'impianto debba considerarsi esente da IVA, se debba essere o meno operata la rettifica della detrazione di cui all'articolo 19-bis 2 del Decreto IVA "per le annualità mancanti al compimento del decennio dall'ultimazione dei lavori di demolizione e ristrutturazione/ampliamento eseguiti dalla società nel biennio 2014/2015.
L'Agenzia delle entrate chiarisce, in primis, che nel caso di specie non si possa considerare l'operazione come assegnazione di bene strumentale, bensì come vera e propria struttura organizzativa aziendale in quanto "trattasi di una serie di elementi che, combinati tra loro, possono prefigurare un'organizzazione potenzialmente idonea, nel suo complesso, allo svolgimento di un'attività economica a sé stante. I beni sopra indicati, infatti, appaiono ceduti nell'ambito di un progetto di riassetto aziendale generale (project financing), con contestuale trasferimento del relativo contratto di gestione, e possono, dunque, essere ragionevolmente considerati suscettibili di una valutazione unitaria quale "cessione di ramo di azienda (...) in linea, peraltro, con la qualificazione data, al riguardo, dal consolidato orientamento della Corte di giustizia UE
Qualificata come trasferimento di azienda, l'operazione va considerata esclusa IVA ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera b) del DPR 633/1972.
L'Agenzia rileva poi che, nel caso di specie, "occorre tener conto del fatto che, nel caso di specie, avente ad oggetto la cessione di un ramo di azienda, non è previsto il pagamento di un corrispettivo. Pertanto" continua l'Amministrazione "in relazione al trattamento fiscale da riservare, ai fini delle imposte indirette, alla predetta cessione, si ritiene applicabile la disciplina stabilita per gli atti di successione e donazione, estesa anche agli atti di cessione a titolo gratuito dall'articolo 2, comma 47, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286 (cfr. Risposta n. 592 del 16 settembre 2021)". Gli atti a titolo gratuito, come chiarito con Circolare 22 gennaio 2008, n.3/E, comprendono gli atti che non prevedono a carico del beneficiario alcuna controprestazione, ma sono privi dello spirito di liberalità tipico delle donazioni.
Questo passaggio appare, a parere di chi scrive, un po' controverso posto che la gratuità non sempre è garantita dall'assenza di un corrispettivo e per l'assegnazione ai soci di beni l'operazione, ai fini IVA, è assimilata ad una ipotesi di "autoconsumo", quindi rilevante. Tuttavia, nel caso di beni assegnati ai Comuni, va ricordato il principio per cui ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, sono escluse le assegnazioni di beni per i quali, all’atto dell’acquisto, la relativa imposta non è stata detratta (C.M. 26/E/2016), salvo effettuare la rettifica IVA (v. oltre).
In ogni caso, qualificando l'atto come atto a titolo gratuito soggetto ad imposta sulle donazioni a favore di Comuni, l'Agenzia ribadisce che si tratta di cessione esente dall'imposta sulle successioni e donazioni, come previsto dall'articolo 3 del TUS e, conseguentemente, dall'applicazione delle imposte ipotecaria e catastale ai sensi delle rispettive normative.
Per quanto riguarda infine la rettifica della detrazione, l'Agenzia applica i principi costantemente affermati dalla prassi dell'Amministrazione finanziaria riguardo ai beni immobili estromessi dall'impresa per i quali l'imposta non è stata detratta all'atto del relativo acquisto, ma per sui quali sono stati eseguiti interventi di manutenzione, riparazione e recupero per i quali, invece, si è provveduto a detrarre la relativa imposta (circolare n. 40/E del 2002; risoluzione n. 194/E del 2002).
In tali casi, come precisato dalla Corte di Giustizia CE con le sentenze del 17 maggio 2001 [causa C-322/99 e C-323/99 (...)], il contribuente dovrà, in relazione all'imposta afferente a tali spese, operare la rettifica della detrazione a norma dell'art. 10 19-bis2, qualora le stesse siano incrementative del valore dell'immobile e non abbiano esaurito la loro utilità all'atto dell'estromissione (cfr. circolare n. 40/E del 2002, par. 1.4.11 e risoluzione n. 194/E del 2002).
Di conseguenza, la Società deve procedere alla rettifica della detrazione relativa all'IVA assolta per le spese di ampliamento e ristrutturazione dell'impianto effettuate negli anni 2014 e 2015 in quanto relative a beni ammortizzabili ed oggetto alla medesima disciplina applicabile ai beni ammortizzabili di cui incrementano il valore, ai sensi dei commi 2 e 8, secondo periodo, dell'articolo 19-bis 2, del Decreto IVA. Per tali spese, occorre considerare il dies a quo del periodo decennale di osservazione fiscale coincidente con quello dell'ultimazione degli interventi (cfr. Risposta n. 131 del 2019).