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Responsabilità per assunzione personale con titolo di studio falso

La Corte Conti Lombardia, sezione giurisdizionale, con sentenza n. 214/2022 ha affrontato il caso di assunzione di dipendente Cat. D3 presso il comando Polizia municipale di Comune.

I magistrati hanno rilevato sul punto i seguenti elementi:

A. Quando la prestazione lavorativa del dipendente pubblico richiede una qualificazione specifica, connessa a un determinato titolo di studio (nel caso specifico, diploma di laurea), la prestazione, resa in sua assenza, non può essere considerata utile per l'amministrazione essendo il possesso dei requisiti culturali e professionali la necessaria e indefettibile premessa per il proficuo svolgimento dell'attività lavorativa.

B. Per quanto non sia comunque da escludere, in linea di principio, una qualche utilità dell'attività lavorativa prestata dal responsabile, da portare in compensazione del danno provocato, essa può essere identificata unicamente in quella ricavabile dallo svolgimento di mere mansioni generiche, non collegate al possesso di una specifica qualificazione professionale, che normalmente non sono rinvenibili nell'operato di chi appartiene a qualifiche professionali come quella rivestita dal convenuto. Questi ha sì portato documentazione a riscontro della presunta utilità della sua attività, ma nel presupposto, la cui validità si è già esclusa, che essa possa essere collegata allo svolgimento delle mansioni proprie della qualifica rivestita.

Su questo punto e su quello che precede, si rimanda a Sezione giurisdizionale Lombardia, sentenza n. 272/2019, secondo cui "la giurisprudenza di questa Corte, su tale punto, è univoca nello statuire (cfr., ex multis, C. conti, III centrale, n. 279 del 26/10/2001 e n. 151 del 20.2.2004; id., appello Sicilia n. 154/2006; id., II centrale, n. 430 del 26/10/2010; id., Sicilia, n. 1158 del 29/3/2011; id., Campania n.133 del 31/01/2013, cui questa Sezione aderisce: cfr., sez. Lombardia n.280 del 20.11.2013; n. 627 del 2/11/2010 e n. 321 del 13.6.2012), che la prestazione lavorativa resa in assenza di laurea, in quanto non espressione di capacità derivante dalla preparazione professionale conseguita con un regolare percorso di studio, non arrechi all'ente alcuna utilità, se non limitatamente al disbrigo di mansioni lavorative aventi caratteristiche di genericità e fungibilità, quali non sono quelle conferite all'attuale convenuto per le quali, infatti, era richiesto il diploma di laurea in giurisprudenza.

La mancanza dei titoli e delle abilitazioni richiesti comporta il venir meno del rapporto sinallagmatico tra prestazione e retribuzione secondo un costante e condivisibile orientamento (C. conti, sez. Toscana, 3.10.2011 n.363; id., sez.app. Sicilia, 4.5.2011 n.127) che priva di ogni rilievo la circostanza che agli emolumenti percepiti abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte (Sez. III, n.279 del 26/10/2001 e n. 151 del 20.2.2004; Sez. appello Sicilia n. 154/2006; Sez. II, n. 430 del 26/10/2010; Sez. Sicilia, n. 1158 del 29/3/2011; Sez. Campania n.133 del 31/01/2013; Sez. Lombardia n.280 del 20.11.2013; n.627 del 2/11/2010 e n. 321 del 13.6.2012).

In tali casi, infatti, il sinallagma tra prestazione e retribuzione deve considerarsi irrimediabilmente ed integralmente mancante in quanto l'assenza dei titoli culturali e professionali richiesti preclude in partenza ogni possibilità di valutazione dell'utilità delle prestazioni svolte, avendo, in ogni caso, privato il datore di lavoro pubblico della possibilità di avvalersi di altro soggetto che, in possesso dei titoli richiesti, avrebbe senz'altro rappresentato una scelta più efficace ed efficiente, in armonia con i principi di cui all'art.97 Cost., non essendo rilevante l'assenza di censure nello svolgimento di attività di tal genere ma il fatto che esse possano essere esplicate al meglio (così C.conti, III centrale, n. 279/2001 cit.)".

C. Non trova applicazione l'art. 2126 c.c., che tutela il lavoratore per il periodo in cui il rapporto lavorativo ha avuto esecuzione sulla base di un contratto di lavoro nullo o annullabile, poiché la stessa disposizione non ammette detta tutela nell'ipotesi, che ricorre nella fattispecie, in cui "la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della causa" (giurisprudenza pacifica del giudice contabile, richiamata dal Procuratore regionale in citazione alle pagg. 12 e sgg., e della Corte di cassazione, v. sentenza n. 15450 del 07/07/2014).

D. Con riguardo al danno da porre a carico del convenuto, è sufficiente fare riferimento alla sentenza delle Sezioni riunite di questa Corte n. 24/2020, la quale, in sede nomofilattica, ha enunciato il principio di diritto secondo cui "in ipotesi di danno erariale conseguente alla illecita erogazione di emolumenti lato sensu intesi in favore di pubblici dipendenti (o, comunque, di soggetti in rapporto di servizio con la Pubblica Amministrazione), la quantificazione deve essere effettuata al lordo delle ritenute fiscali Irpef operate a titolo di acconto sugli importi liquidati a tale titolo".