Responsabilità erariale di dipendenti e amministratori (il non fare è peggio del fare)
Il DL 44/2023, convertito in Legge 74/2023, all’art. 1 comma 12-quinquies lettera a), proroga di un anno (dal 30 giugno 2023 al 30 giugno 2024) la disposizione del decreto- legge n. 76/2020 sul c.d. scudo erariale, che limita in via transitoria la responsabilità erariale di amministratori, dipendenti pubblici e privati cui è affidata la gestione di pubbliche risorse ai danni cagionati dalle sole condotte poste in essere con dolo, escludendo quindi ogni responsabilità per colpa grave.
La norma dispone:
12-quinquies. Al decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nelle more di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile, all'articolo 21, comma 2, primo periodo, le parole: «30 giugno 2023» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2024»
D.L. 16-7-2020 n. 76 Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale. Pubblicato nella Gazz. Uff. 16 luglio 2020, n. 178, S.O. Capo IV
Art. 21. Responsabilità erariale
- All'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: “La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso.”.
- Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2024, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità di cui all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.
Come evidenziato dal Servizio studi del Senato, la disposizione in esame modifica l’articolo 21, comma 2 del decreto-legge n. 76 del 2020 (conv. L. n. 120/2020), che nel testo vigente limita, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 (data di entrata in vigore del citato decreto-legge) al 30 giugno 2023, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità, ai soli casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente sia stata compiuta con dolo.
Questa limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive, mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto che avrebbe dovuto attivarsi e non lo ha fatto, il soggetto agente continua a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave.
In relazione ai termini di efficacia di tale disposizione è utile ricordare che nel testo originario del decreto-legge n. 76, l’esclusione dell’azione di responsabilità erariale per le condotte gravemente colpose, trovava applicazione con riguardo ai soli fatti commessi dal 17 luglio 2020 al 31 luglio 2020, termine quest’ultimo esteso al 31 dicembre 2021 in sede di conversione. L’efficacia della disposizione è stata poi ulteriormente prorogata fino al 30 giugno 2023 dal decreto-legge n. 77 del 2021 (articolo 51, comma 1, lett. h)).
Come ricostruito anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 8 del 2022, questo intervento normativo, maturato a seguito dell’emergenza pandemica da COVID-19, “nell’ambito di un eterogeneo provvedimento d’urgenza volto a dare nuovo slancio all’economia nazionale” risponde all’esigenza di contrastare il fenomeno che si è soliti designare con l’espressione “burocrazia difensiva”, per indicare l’atteggiamento in base al quale “i pubblici funzionari si astengono dall’assumere decisioni che pur riterrebbero utili per il perseguimento dell’interesse pubblico, preferendo assumerne altre meno impegnative (in quanto appiattite su prassi consolidate e anelastiche), o più spesso restare inerti, per il timore di esporsi a possibili addebiti penali (cosiddetta “paura della firma”)”.
In tale contesto il D.L. n. 76 del 2020 in un apposito capo (il Capo IV del Titolo II), intitolato «responsabilità», è intervenuto sulle due principali fonti di responsabilità per i pubblici amministratori, ossia la responsabilità erariale e la responsabilità penale, mediante “modifiche limitative e all’insegna della maggiore tipizzazione”.
In particolare, con riguardo alla responsabilità erariale, come precisava la relazione illustrativa al D.L. 76/2020, la finalità è quella di limitare la responsabilità "al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni, in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al solo profilo del dolo". Pertanto, la disposizione ha determinato un diverso trattamento riservato alle condotte gravemente colpose omissive rispetto a quelle commissive, le prime ancora oggetto dell'eventuale azione contabile, le seconde sottratte all’addebito per un periodo transitorio.
La disposizione in esame precisa infine che la proroga fino al 30 giugno 2024 è disposta in attesa di una complessiva revisione della disciplina sulla responsabilità amministrativo-contabile.
Più in generale è opportuno ricordare che la responsabilità amministrativo-contabile, sul piano generale, può definirsi come la misura prevista dall’ordinamento contro chi, legato da un rapporto di servizio con la P.A., arrechi un danno suscettibile di valutazione economica allo Stato o ad altro ente od organismo pubblico, con dolo o colpa grave, in violazione dei suoi doveri di servizio.
In base alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (articolo 1), gli elementi di specifica caratterizzazione di tale tipo di responsabilità sono:
- il rapporto di servizio, che lega l’autore dell’illecito all’amministrazione pubblica che risente della sua negativa condotta;
- l’evento lesivo, che si sostanzia in un danno patrimoniale (illegittimo sacrificio di un bene economico della P.A.) oppure nella violazione di un bene bene-valore fondamentale della contabilità pubblica;
- lo stato soggettivo di dolo o almeno di colpa grave che ha sostenuto la condotta di chi ha agito, stante l’irrilevanza, a seguito dell’intervento riformatore del 1994, della semplice colpa.
Secondo la disciplina della legge n. 20/1994, l’illecito contabile, in particolare, per essere legittimamente imputabile al convenuto deve essergli riferibile a titolo di dolo o colpa grave, essendo irrilevante la mera colpa lieve (si veda Corte cost., sentenza 28 novembre 1998, n. 371), la quale può produrre conseguenze dal punto di vista del diritto civile ed amministrativo (e persino di quello penale ove il reato sia previsto come colposo), ma non di quello contabile (si veda fra le tante Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Umbria, sentenza n. 67 del 25 settembre 2019).
Proprio con la nota sentenza n. 371 del 1998, la Corte costituzionale, chiamata a valutare la legittimità dell'intervento legislativo allora diretto a limitare la responsabilità amministrativa alle sole condotte poste in essere con colpa grave, escludendo la colpa lieve, da un lato ricordava che il legislatore è “arbitro di stabilire non solo quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilità, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilità sia ascrivibile (sentenza n. 411 del 1988), senza limiti o condizionamenti che non siano quelli della non irragionevolezza e non arbitrarietà” Dall’altro, valutava non arbitraria né irragionevole la modifica allora introdotta sul presupposto dell'esigenza di dar luogo "nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici, un assetto normativo in cui il timore delle responsabilità non esponga all'eventualità di rallentamenti ed inerzie nello svolgimento dell'attività amministrativa (...) nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo" (punto 6 in diritto).
La novità introdotta dal decreto semplificazioni sulla limitazione della responsabilità erariale alle condotte dolose (articolo 20, comma 2, D.L. n. 76/2020) si accompagna ad un’ulteriore modifica, non di natura temporanea, contenuta nel primo comma del medesimo articolo, per cui "la prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso".
Sempre con riguardo specificamente ai titoli di imputazione soggettiva delle condotte (fatti e omissioni) secondo la giurisprudenza prevalente la colpa grave (generalizzata dall’art. 1, comma 1, legge 14 gennaio 1994, n. 20), da accertarsi (ex ante al tempo della condotta e non ex post) non in termini psicologici bensì normativi, consiste nell’errore professionale inescusabile dipendente da una violazione di legge, da intendersi in senso ampio, ovvero fondata su imperizia, negligenza e imprudenza dovendo la stessa sempre essere riferibile ai compiti, mansioni, funzioni e poteri del convenuto, non potendo, invece, essere dedotta dalla mera posizione di vertice, a meno che questa non implichi la necessità di adottare atti specifici puntualmente indicati dalla Procura regionale (Si vedano fra le altre C. conti, sez. riun., 14 settembre 1982, n. 313; sez. riun., 26 maggio 1987, n. 532; sez. riun., 10 giugno 1997, n. 56; sez. riun., 8 maggio 1991, n. 711).
Sui temi oggetto della disposizione in esame si è svolta l’audizione informale della Corte dei conti presso le Commissioni riunite I e XI nella seduta del 1° giugno 2023.