Rendiconto, il deposito atti non può essere inferiore a 20 giorni
Il Ministero dell’Interno ha pubblicato oggi un interessante parere (n.12584 del 27.4.2023) relativo ai termini di deposito atti e allegati relativi al rendiconto, che farà modificare diversi regolamenti di contabilità che si esprimono diversamente. Secondo il Ministero, il termine previsto dall'art.227 del d.lgs. n.267/2000 - che richiede il deposito degli atti almeno venti giorni prima della riunione consiliare – risponde ad una specifica esigenza di corretta informazione dei consiglieri comunali in merito alle questioni soggette a deliberazione.
In particolare:
Con nota del 31 marzo 2023, un sindaco ha chiesto, qualora sussista la volontà unanime dei consiglieri, se si possa abbreviare il termine minimo di 20 giorni, previsto dall'articolo 227, comma 2, del d.lgs. n.267/2000, termine necessario per mettere a disposizione dei componenti dell'organo consiliare la proposta del rendiconto di gestione, da deliberare entro il 30 aprile.
Al riguardo, il principio condiviso dalla giurisprudenza e che da ultimo si evince dalla recente sentenza del TAR Campania–sez.I n.2068 del 31.03.2023, in merito al termine minimo di 20 giorni previsto dall'art.227, è quello di non poter concedere un termine inferiore rispetto a quello stabilito dalla normativa legislativa, in quanto si violerebbe "... il diritto d'informazione in favore dei singoli consiglieri comunali sulle questioni sottoposte alla loro valutazione.
A questo diritto corrisponde il preciso obbligo dell'ente comunale di mettere a disposizione dei consiglieri in tempo utile tutti i documenti necessari per avere piena cognizione del contenuto delle proposte di deliberazione portate all'attenzione dell'organo rappresentativo, al fine di espletare correttamente il mandato". Inoltre, il TAR Lazio-sez.IIbis, n.11588 del 9/11/2020, ha specificato, come chiarito dalla giurisprudenza anche del Giudice d'Appello (cfr. Cons. Stato n.3813 del 2018), che il ritardo nella messa a disposizione dei consiglieri della relazione dell'organo di revisione determina un vulnus alle prerogative consigliari, impedendo una deliberazione consapevole, dovendosi escludere che si tratti di una violazione meramente procedimentale ovvero di una forma di irregolarità inidonea a determinare l'invalidità della delibera di approvazione, integrando, per contro, un vizio sostanziale che determina l'illegittimità della delibera consiliare.
Nel panorama giurisprudenziale sussistono anche pronunce contrarie alle precedenti; infatti, il TAR per la Calabria-Catanzaro-sez.II, in merito al caso esaminato con sentenza del 30 luglio 2015, n.1319, ha evidenziato che "la contestata violazione dei termini, in sé, non risulta essere stata idonea di ledere in concreto il diritto all'informazione e alle garanzie partecipative del consigliere ricorrente, … tenuto conto del fatto che il ricorrente ha avuto comunque un congruo termine per la conoscenza degli atti in questione". Tuttavia, si ritiene che la norma in parola - che richiede il deposito degli atti almeno venti giorni prima della riunione consiliare – risponde ad una specifica esigenza di corretta informazione dei consiglieri comunali in merito alle questioni soggette a deliberazione; pertanto, non sembra corretta una riduzione di tale termine, anche se tutti i consiglieri dovessero essere d'accordo sulla riduzione del termine in questione.
Ciò è confortato, altresì, anche dalla sentenza del TAR Campania n.1868 del 29/10/2019 secondo cui "Il mancato rispetto del termine per il deposito e la messa a disposizione dei consiglieri comunali, termine previsto dall'art.227 del d.lgs. n.267/2000, determina una lesione del cd. ius ad officium dei consiglieri comunali, integrando uno specifico profilo di legittimità" (T.A.R. Campania - Napoli, Sez.I, 07.11.2018, n.6473).