Regolarizzazione errori formali nella fattura già registrata
In linea con le indicazioni fornite con la risposta n. 133 del 2020, nel caso di fatturazione indicando una partita IVA errata, il committente dovrà segnalare al cedente o prestatore l'errore commesso, affinché quest'ultimo emetta una nota di variazione in diminuzione, ai sensi dell'articolo 26, del DPR n. 633 del 1972 a storno della fattura recante l'errata partita Iva del soggetto acquirente, in luogo corretta, nonché rilasci una nuova fattura corretta.
Solo in caso d'inerzia da parte di quest'ultimo la società, al fine di non incorrere in sanzioni, dovrà avvalersi della procedura di regolarizzazione prevista dall'articolo 6, comma 8, lett. b) del D.lgs. n. 471 del 1997.
La corretta indicazione della partita IVA del cessionario o committente, rientra, infatti, tra i requisiti essenziali della fattura individuati dall'articolo 21 del DPR n. 633 del 1972. Con la risoluzione n. 72/E del 2019 e, più recentemente, con la risposta ad interpello n. 133 pubblicata in data 18 maggio 2020 è stato chiarito che nel caso in cui il cessionario o committente aderente al Gruppo IVA riceva una fattura di acquisto con l'errata indicazione della propria partita IVA in luogo di quella che identifica il Gruppo IVA, "ai fini della sua registrazione e dell'esercizio del diritto alla detrazione dell'IVA relativa, deve necessariamente attivarsi per la sua regolarizzazione... mediante la modalità indicata dall'articolo 6, comma 8, lettera b) del decreto legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997".
Ove la fattura originaria sia già stata registrata, trattandosi della correzione di un elemento formale, è sufficiente che la società annoti sul registro IVA acquisti - in corrispondenza della fattura di acquisto errata - che la regolarizzazione della fattura è avvenuta mediante emissione dell'autofattura (estremi del documento), conservando la stessa agli atti. L'errore regolarizzato non genera una "maggiore imposta" da versare. La medesima annotazione per memoria deve essere eseguita anche dal fornitore per dare evidenza che l'errore "formale" è stato corretto dal committente. Lo chiarisce la risposta n. 373/2020.
Tale procedura apparirebbe, peraltro, utile nei casi in cui una fattura elettronica ricevuta dalla PA debba essere corretta per errori che non danno luogo a rettifiche della fatturazione ai sensi dell'art. 26 del DPR 633/1972 e non ammettono il rifiuto della stessa (una volta entrato in vigore il decreto modificativo del DM 55/2013) o siano state ormai accettate dalla PA. In questo modo, infatti, si eviterebbe la correzione, tramite nota di variazione, di fatture fiscalmente corrette per elementi riguardanti esclusivamente i rapporti con la pubblica amministrazione.