Regolarità fiscale – non è sufficiente che emerga dal “cassetto fiscale” e dal certificato ADE
La Sezione Terza del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza Plenaria tre quesiti relativi alla regolarità fiscale dell’operatore economico in una vicenda in cui in una procedura ad evidenza pubblica gravavano sull’operatore economico partecipante alcune irregolarità tributarie mai comunicate alla stazione appaltante, in particolare, veniva contestato il mancato versamento del contributo unificato e delle relative sanzioni in relazione a un pregresso giudizio, tuttavia, detta violazione non risultava dal Durc trasmesso dalla Agenzia delle Entrate con cui veniva attestata la regolarità contabile dell’operatore stesso.
La Sezione rilevando un possibile contrasto giurisprudenziale ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria che con Sentenza n. 7 del 24.4.2024 ha precisato, in primo luogo, che il “requisito concernente l’assenza di debiti tributari, la certificazione rilasciata dall’amministrazione fiscale competente (Agenzie delle Entrate o eventualmente altra amministrazione titolare di poteri impositivi), ai sensi dell’art. 86, comma 2, lett. b), del D. Lgs. n. 50/2016, deve coprire l’intero lasso temporale rilevante, ovvero quello che va dal momento di presentazione dell’offerta sino alla stipula del contratto” evidenziando, inoltre, che “indipendentemente dalle verifiche compiute dalla stazione appaltante, il concorrente che impugna l’aggiudicazione può sempre dimostrare, con qualunque mezzo idoneo allo scopo, sia che l’aggiudicatario fosse privo, ab origine, della regolarità fiscale, sia che egli abbia perso quest’ultima in corso di gara” osservando che relativamente alla certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate o dagli enti previdenziali e assistenziali (DURC), secondo consolidata giurisprudenza, è compito del giudice amministrativo accertarne in via incidentale, nell’ambito del giudizio relativo all’affidamento del contratto pubblico, l’idoneità e la completezza (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 maggio 2016, n. 10; Sez. V, 9 febbraio 2024, n. 1339; 26 aprile 2021, n. 3366; 14 giugno 2019, n. 4023).
Fatte le suesposte considerazioni il Collegio, esaminando la doglianza dell’appellante secondo cui la società appellata doveva essere esclusa dalla gara in quanto priva già dal momento della presentazione dell’offerta del requisito della regolarità fiscale avendo un debito, grave e definitivamente accertato, col Segretariato Generale della Giustizia amministrativa per mancato pagamento di una sanzione pari a € 18.000 irrogata in conseguenza del ritardato pagamento di un contributo unificato, ha preliminarmente osservato che il contributo unificato deve essere ascritto alla categoria delle entrate tributarie, delle quali condivide tutte le caratteristiche essenziali, “quali la doverosità della prestazione e il collegamento della stessa ad una pubblica spesa, cioè quella per il servizio giudiziario, con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante” (cfr. Corte Cost., 7 febbraio 2005, n. 73; Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 2020, n. 2785; Cass. Civ., Sez. Un., 5 maggio 2011, n. 9840) specificando che la natura fiscale va riconosciuta alle sanzioni pecuniarie conseguenti al mancato o al ritardato pagamento del contributo unificato, trattandosi di obbligazioni accessorie che hanno fondamento in un rapporto di tipo tributario.
Da ciò la società appella è stata ritenuta dal Collegio priva del requisito della regolarità fiscale.
Secondo l’Adunanza, inoltre, “non rileva il fatto che al momento della presentazione dell’offerta nel cassetto fiscale della [Omissis] non risultassero pendenze tributarie o che la regolarità fiscale fosse stata accertata dall’Agenzia delle Entrate e dall’ANAC tramite l’AVCPASS” in ragione del fatto che il contributo unificato non rientra tra le imposte amministrate dall’Agenzia delle Entrate ed i debiti a esso relativi non vengono iscritti nel “cassetto fiscale” se non a seguito dell’emissione del ruolo e della sua consegna all’Agenzia delle Entrate – Riscossione per la procedura esattoriale.
Il fatto che la comparsa del debito nel “cassetto fiscale” sia avvenuta solo in momento successivo non fa comunque salva la regolarità fiscale della società “ormai già insussistente”.
Il Collegio svolge le medesime considerazioni in relazione al certificato rilasciato dall’Agenzia delle Entrate “il quale attesta la situazione fiscale del contribuente unicamente con riguardo alle imposte gestite dal detto ufficio, mentre non rileva per i tributi gestiti da altre amministrazioni, come per l’appunto il contributo unificato” osservando che “altrettanto irrilevante, ai fini di causa, deve ritenersi il documento acquisito tramite il sistema AVCPASS” posto che il medesimo non reca alcuna indicazione in ordine a eventuali debiti derivanti dal mancato o ritardato pagamento del contributo unificato e delle relative sanzioni, come si ricava dalla delibera 20 dicembre 2012, n. 111 con cui l’ANAC ha istituito tale sistema.
Il Collegio, infine, stabilisce che “nell’ambito del giudizio contro il provvedimento di aggiudicazione di una gara, il giudice ha sempre il potere di accertare la idoneità e la completezza delle certificazioni rilasciate dalle competenti amministrazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione” escludendo così che il requisito della regolarità fiscale possa essere desunto semplicemente dal “cassetto fiscale” e dal certificato dell’Agenzia delle Entrate.