Regolamentazione degli incentivi funzioni tecniche
Riportiamo una interessante nota dell’avv. Maurizio Lucca, segretario comunale, in materia di incentivi funzioni tecniche.
Gli incentivi per le funzioni tecniche sono catalogati nell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016 e attengono a quelle attività aggiuntive che presentano una “particolare complessità” tale da richiedere un quid ulteriore, tipica espressione di quelle prestazioni professionali e specialistiche che esigono un grado di capacità che va oltre all’ordinaria, valutazione rimessa all’Amministrazione e specificatamente al Responsabile del procedimento, individuato nel titolare della competenza: il dirigente, ovvero colui che assume le funzioni dirigenziali negli enti privi della dirigenza o responsabile del servizio[1].
In questo senso, la disciplina si presenta derogatoria rispetto al principio di onnicomprensività della retribuzione, non costituiscono spesa per il personale ai fini della determinazione della capacità assunzionale, secondo la nuova normativa dell’art. 33, comma 2 del d.l. n. 34/2019 (e ss.mm.ii)[2], da considerarsi di stretta interpretazione non suscettibile di estensione analogica, dovendo rientrare in una previsione regolamentare e in presenza di una procedura di gara.
Allo stesso tempo, l’adozione del regolamento risulta una condizione essenziale ai fini del legittimo riparto tra gli aventi diritto delle risorse accantonate sul fondo[3], giacché – nella sistematicità della legge – il regolamento è la fonte destinata ad individuare le modalità ed i criteri della ripartizione, oltre alla percentuale, che comunque non può superare il tetto massimo fissato dalla legge[4].
Se ne deduce che l’approvazione del regolamento comunale non è determinante ai fini della costituzione del fondo, essendo l’ente autorizzato direttamente dalla legge a procedere all’accantonamento nei limiti massimi previsti (2%), ma è condizione necessaria per la ripartizione del fondo tra gli aventi diritto[5], attraverso la definizione delle quote percentuali da riconoscere ai soggetti coinvolti, in relazione alle funzioni espletate, nel rispetto dei criteri e delle modalità fissati in sede di contrattazione decentrata integrativa: l’emanazione dell’atto regolamentare è, quindi, funzionale all’assunzione degli impegni di spesa e all’effettuazione dei pagamenti[6].
Trovata la fonte, il dirigente, o il responsabile del servizio, provvederà alla liquidazione dell’incentivo in funzione all’attività effettivamente svolta dai singoli soggetti, ricompresi nella norma dell’art. 113 del d.lgs. n. 50/2016, acquisendo gli elementi utili a disporre l’accertamento propedeutico alla corresponsione dell’incentivo: la relazione sulle attività svolte redatta dal singolo dipendente è uno degli strumenti per effettuare l’accertamento in ordine al corretto ed effettivo svolgimento delle attività incentivabili, accompagnato alle ulteriori condizioni sopra elencate che devono essere descritte.
Da questa breve introduzione, si comprende che l’incentivo viene riconosciuto in relazione alle attività circoscritte dalla norma del Codice dei contratti pubblici, secondo le modalità definite nel regolamento interno e in presenza degli ulteriori presupposti di legge: tra i quali “una gara”.
Su questo aspetto, la sez. contr. Liguria della Corte dei Conti, con delibera n. 59 del 12 aprile 2021, precisa che «la disciplina di deroga introdotta dall’esposto art. 1 del d.l. n. 76 del 2020 non modifica, naturalmente, la lettera dell’art. 113, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, che continua a richiedere il riferimento ad una “gara” o, quantomeno, come precisato dalla giurisprudenza contabile…, ad una procedura comparativa».
La cit. sez. contr. Liguria, richiama altri orientamenti[7] che equiparano alla gara la “procedura comparativa” strutturata sul modello disciplinato dall’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016, che ha introdotto il c.d. “affidamento diretto mediato” (o anche di utilizzo dalle procedure negoziate senza bando prescritte, temporaneamente, dall’art. 1, comma 2, lett. b), del d.l. n. 76 del 2020).
L’esperimento di una “procedura comparativa”[8] presuppone, infatti, un importo da porre “a base di gara” (citato nel secondo comma, dell’art. 113 del Codice dei contratti pubblici, riferito all’apposito fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento modulate sull’importo dei lavori, servizi e forniture), necessario (si legge), «nella forma, quantomeno, dello svolgimento di indagini di mercato e della comparazione concorrenziale tra più soluzioni negoziali che vincolano il committente alla valutazione tra le diverse offerte secondo canoni predeterminati, a contenuto più o meno complesso, secondo la diversa tipologia e oggetto del contratto da affidare», negando tale evenienza nelle procedure per i lavori in “amministrazione diretta”[9].
Dal quadro esegetico, vengono riconosciuti gli incentivi anche per gli l’affidamenti diretti, consentiti «dal d.l. n. 76 del 2020, per un arco di tempo limitato, per lavori di importo inferiore a 150.000 euro e servizi e forniture di importo inferiore ai 75.000 euro» purché il RUP attesti «la complessità della fattispecie contrattuale… nonostante la forma semplificata dell’affidamento», in quanto si è di fronte – in questo specifico caso – «allo svolgimento di una procedura sostanzialmente comparativa» che non esclude l’esperimento di procedure, sia pure semplificate, ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, pubblicità e rotazione.
In termini diversi, bisognerà dare conto nel concreto (nel testo redazionale della determinazione a contrarre e della liquidazione) di una procedura comparativa che esige non solo la presenza di più offerte ma la complessità dell’obbligazione negoziale, dove a monte è richiesto – in ogni caso – una preliminare indagine di mercato «per la predisposizione dello schema di contratto e la comparazione concorrenziale tra più soluzioni negoziali le quali vincolano il soggetto committente alla valutazione comparativa tra le diverse offerte da confrontare secondo i canoni della economicità, dell’efficacia, dell’efficienza contrattuale, recepiti in parametri trasposti preventivamente in un capitolato tecnico, a contenuto più o meno complesso, secondo la diversa tipologia ed il diverso oggetto del contratto da affidare»[10].
Invero, tale orientamento trova una distinta (difforme) posizione della sez. IV del Consiglio di Stato, che – con la sentenza 23 aprile 2021, n. 3287 – si occupa di chiarire come vanno considerate le ipotesi di “affidamento diretto” (mera richiesta di preventivo per l’acquisto al prezzo più basso), secondo le efficaci Linee Guida n. 4 dell’ANAC (non essendo stato ancora emanato il Regolamento Unico previsto dall’art. 216, comma 29 – octies del Codice dei contratti, inserito dal decreto “Sblocca cantieri”) ove si raccomandano, quale “best practice”, il confronto dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori economici (alla luce dell’art. 1, del d.l. n. 76 del 2020, per gli affidamenti diretti sotto soglia).
Il Giudice di seconde cure, in relazione alle caratteristiche del procedimento di acquisto concretamente posto in essere – ovvero un affidamento diretto sotto – soglia, caratterizzato da modalità ulteriormente semplificate rispetto a quelle disciplinate in via ordinaria dal Codice, in ragione dell’emergenza sanitaria in atto, specifica che «la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2 sull’avvio della procedura), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze».
La sentenza giunge alla considerazione che un affidamento diretto – seppure preceduto da avviso – non può ritenersi una procedura di gara, specie ove si consideri l’espressa precisazione che la stazione appaltante si sarebbe, comunque, riservata di avviare eventuali negoziazioni con uno o più degli operatori economici interpellati ritenuti idonei all’esecuzione della prestazione richiesta, senza alcun vincolo in ordine alla scelta finale: la richiesta di preventivo non può, pertanto, essere ritenuta equivalente a un bando di gara, anche se vi può essere una comparazione tra più offerenti[11].
Appare evidente che gli incentivi esigono una procedura di gara (rectius concorrenza), una valutazione tra più offerenti, il c.d. operatore economico che «ha presentato un’offerta», ex art. 3, comma 1, lettera cc), del d.lgs. n. 50/2016, mentre un affidamento diretto prescinde dall’acquisizione di più offerte, ed allora come conciliare gli affidamenti diretti con più preventivi se si può anche farne a meno, perdendo il requisito indissolubile della gara, e, di conseguenza, l’incentivo.
Potrebbe, ed è solo un’ipotesi, invocarsi la definizione etimologica del termine, non quella del diritto vivente (forse, il rimando all’art. 12 delle Preleggi), dove per “gara” s’intende una «competizione tra due o più concorrenti… concorso mediante il quale chi fa l’offerta economicamente più conveniente ottiene in esclusiva l’incarico di compiere date opere, forniture e sim.»[12], recependo tale “nozione” tra le proprie fonti del diritto, quella regolamentare, ed allora il significato concepito si riporta ad unità e forma giuridica, al «nucleo basilare di un’astrazione, una costruzione intellettuale deduttiva, la rappresentazione logica di una realtà»[13].
[1] Corte Conti, sez. contr. Emilia – Romagna, deliberazione 3 febbraio 2021, n. 11. Si rinvia al personale approfondimento, Incentivi in sede di esecuzione di un contratto di servizi, lavori e forniture in assenza di programmazione e anche oltre alla presenza del direttore dell’esecuzione (nota a margine del parere della Corte Conti, sez. contr. Emilia – Romagna n. 11/2021), dirittodeiservizipubblici.it, 18 febbraio 2021, ove si affermava che «l’accertamento della complessità, così come dell’affidamento interno, richiede una manifestazione valutativa da parte del dirigente responsabile (colui che assume la funzione, a prescindere da ricoprire il ruolo dirigenziale), il quale dovrà assumersi la responsabilità di attestare che la prestazione è complessa e va, pertanto, remunerata».
[2] Corte Conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione 7 maggio 2021, n. 73.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. Consultiva Atti Normativi, parere n. 281 del 23 aprile 2021, numero affare 00166/2021, sull’inammissibilità di una disposizione regolamentare che disponga la sostanziale retroattività del proprio ambito applicativo (vedi, articolo 10 delle preleggi, Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2016, n. 882), ove si è rilevato, altresì, che «come l’articolo 113 del codice dei contratti pubblici non contiene una specifica disciplina transitoria, con la conseguenza che dovrebbe ritenersi applicabile la disciplina transitoria di carattere generale prevista dall’articolo 216, comma 1, del medesimo codice, in base al quale la nuova normativa si applica alle procedure e ai contratti i cui bandi o avvisi siano stati pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del codice stesso».
[4] Corte Conti, sez. contr. Umbria, deliberazione 12 aprile 2021, n. 26.
[5] L’imputazione della spesa relativa agli incentivi per funzioni tecniche deve essere effettuata nel rispetto del principio della competenza finanziaria potenziata e, quindi, nell’esercizio in cui si prevede che la spesa divenga esigibile, Corte Conti, sez. contr. Piemonte, delibera n. 25 del 19 marzo 2019; sez. contr. Umbria, delibera n. 56/2019/PAR: tale condizione subordina necessariamente l’erogazione dell’incentivo al completamento dell’opera o all’esecuzione della fornitura o del servizio oggetto dell’appalto nel rispetto dei costi e dei tempi prestabiliti.
[6] Corte Conti, sez. contr. Emilia-Romagna, deliberazione n. 43/2021.
[7] Corte Conti, sez. contr. Emilia-Romagna, deliberazione n. 33/2020/ e sez. contr. Veneto, deliberazione n. 121/2020/PAR.
[8] Cfr. Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione n. 301/2019/PA, dove si riconoscono gli incentivi per funzioni tecniche esclusivamente per le attività riferibili a contratti affidati previo espletamento di una procedura comparativa.
[9] Corte Conti, sez. contr. Campania, deliberazione n. 14/2021/PAR; sez. contr. Toscana, deliberazione n. 186/2017/PAR; sez. contr. Marche, deliberazione n. 28/2018/PAR; sez. contr. Lazio, deliberazione n. 60/2020/PAR.
[10] Corte Conti, sez. contr. Veneto, deliberazione 21 settembre 2020, n. 121.
[11] Cfr. TAR Veneto, sez. I, 27 aprile 2021, n. 542, dove si è affermato che l’affidamento diretto è una procedura informale (non, dunque, una gara) per la quale il legislatore ha evitato di imporre una precisa sequenza procedimentale, consentendo alle stazioni appaltanti di adattarne lo svolgimento alle caratteristiche dell’appalto, in base al principio di proporzionalità: le stazioni appaltanti possono in definitiva introdurre forme di garanzia della concorrenza ulteriori rispetto alla mera richiesta di preventivi, senza con ciò vincolarsi all’applicazione integrale della disciplina relativa alle procedure ordinarie e senza incorrere in una violazione del principio di tipicità delle procedure.
[12] CORTELLAZZO – ZOLLI, Dizionario etimologico di lingua italiana, Vol. II, Bologna, 1980, pag. 476.
[13] ITALIA, I concetti giuridici, Milano, 2010,