Recuperabile la detrazione IVA per l’immobile ad uso promiscuo
Nella Risposta n. 419/E/2023, l’Agenzia delle entrate conferma la spettanza del diritto alla detrazione IVA, attraverso l’istituto della “rettifica” ex art. 19bis2 del DPR 633/1972, sulle spese sostenute per la riqualificazione di un immobile destinato in parte ad attività di rappresentanza istituzionale ed in parte dato in concessione a fronte di un canone per servizi di informazione e promozione turistica nonché utilizzato per eventi organizzati dal Comune. Le modalità e conclusioni, tuttavia, suscitano alcuni dubbi.
L’ente istante aveva effettuato un intervento di riqualificazione su un bene demaniale, accatastato come D/8. Avendo inizialmente considerato le spese istituzionali, contabilizzandole come tali, il Comune riteneva opportuno - data la rilevanza degli investimenti - procedere a rettificare le precedenti dichiarazioni annuali per portare l'IVA in detrazione. Al riguardo” però “sorgono dubbi in merito all'esercizio del diritto di detrazione dell'IVA, ai sensi degli articoli 4, quarto comma e 19ter del citato d.P.R. n. 633 del 1972, al fine della possibilità di rettificare le predette dichiarazioni IVA relative alle annualità pregresse interessate (anni d'imposta 2020 e 2021) per cui lo stesso Comune ha già provveduto all'invio”.
L’Agenzia delle entrate, rifacendosi alla circolare n. 328/E/1997 ed all’art. 19bis2 del Decreto IVA chiarisce che alcuna rettifica delle precedenti dichiarazioni va operata perché l’attività commerciale è iniziata nel 2023 (anno fine lavori ed inizio concessione). Con riferimento ai precedenti periodi d'imposta “non si configura alcun errore od omissione emendabile tramite il predetto istituto della dichiarazione integrativa, poiché in detti periodi, l'Istante non ha svolto alcuna attività commerciale che legittimerebbe il diritto a detrazione”. Per l’Agenzia “solo nel 2023, quando viene stipulata la suddetta concessione di servizi (21 febbraio 2023), infatti, muta parzialmente la destinazione d'uso dell'immobile e, pertanto, come già detto, solo a partire da detto periodo d'imposta è possibile esercitare proporzionalmente il diritto a detrazione, nonché recuperare l'IVA relativa alle spese pluriennali imputabili al fabbricato secondo le regole di cui ai citati articoli 19 e 19bis2 del decreto IVA.”
Di conseguenza “a partire dal 2023, la parziale destinazione d'uso dell'immobile (come visto strumentale per natura), consente all'Istante di recuperare proporzionalmente, per i decimi che residuano, la quota d'imposta ad essi relativa, in applicazione di quanto previsto sia dal richiamato articolo 19, comma 4 sia dal citato articolo 19bis2 del citato d.P.R. n. 633 del 1972, secondo i chiarimenti contenuti nella citata circolare n. 328 del 1997”.
Le conclusioni dell’Agenzia delle entrate suscitano però alcune perplessità sulla base delle regole e modalità di tenuta della contabilità IVA, in particolare negli enti non commerciali di natura pubblica.
Secondo costante giurisprudenza, l’esercizio alla detrazione sorge non già quando vengono conseguiti i ricavi, ma da quando si inizia l’attività sostenendo i costi, purché vi sia una inerenza ed afferenza “prospettica” ad operazioni che diano il diritto alla detrazione. La stessa circolare n. 328/E precisa che l’istituto della rettifica nasce proprio dal fatto che, rispetto all’iniziale destinazione e detrazione, possono mutare le condizioni. Rispetto ai beni di investimento, la rettifica, in sede di primo utilizzo, è integrale e successivamente proporzionale (decimi o quinti) in base a quando avviene il mutamento della destinazione rispetto alla fine del c.d. periodo di vigilanza fiscale.
Quindi si può procedere a variare la detrazione operata in anni precedenti senza dichiarazione integrativa, nel presupposto che siano mutate le operazioni attive sottostanti (da escluse/fuori campo istituzionali a - in parte - commerciali), ma occorrerebbe, per la rettifica, che il bene fosse stato acquisito sin da subito nella sfera commerciale ai fini delle necessarie registrazioni contabili. Da ciò, probabilmente, il Comune aveva chiesto interpello, perché per l’esercizio della detrazione occorre adottare una “contabilità separata” (art. 19ter DPR 633/1972), che si sostanzia nell’utilizzo di capitoli rilevanti IVA, oltre a registrare la fattura nella contabilità IVA secondo precise tempistiche (art. 19 e 25 del DPR 633/1972).
Sotto il primo profilo, però, la sentenza della Corte di Giustizia europea (25 luglio 2018, causa C-140/17) ha precisato che gli enti locali possono recuperare l'Iva attraverso la rettifica della detrazione, anche qualora gli stessi abbiano realizzato l'opera per una gestione gratuita (non economica), ovvero in assenza di una manifestata espressione di destinare in futuro il bene a operazioni imponibili ai fini Iva. Rilevava, nel caso di specie, il fatto che il Comune avesse una posizione IVA attiva e che avesse acquisito il bene alle medesime condizioni di un soggetto privato, in assenza di qualsiasi intervento dell'ente in qualità di pubblica autorità.
Tale sentenza - che può prestarsi, in base all'ordinamento italiano, ad alcune censure sulla base appunto degli oneri contabili a carico degli enti - non è stata citata e non pare applicabile pedissequamente nel caso di specie, atteso che il bene è di provenienza demaniale. Inoltre la conclusione al quale giunge l’Agenzia suscita alcuni dubbi sulla modalità di “rettifica” (che dovrebbe essere integrale più che proporzionale entrando il bene in funzione nel 2023). Nessun cenno poi ad una eventuale decadenza del diritto alla detrazione sulle fatture più vecchie, in assenza di integrativa e di contabilizzazione separata commerciale. Infatti, le fatture andrebbero registrate al massimo entro la presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno nel quale si verifica l’esigibilità, ai sensi dell’art. 19 e 25 DPR 633/1972 (circolare 1/E/2018).
Di conseguenza, la conclusione cui giunge l’Agenzia, pur favorevole al recupero dell'IVA sugli investimenti effettuati dai Comuni su beni inizialmente considerati come "istituzionali" e successivamente destinati ad attività commerciali, lascia ancora troppi punti in sospeso, almeno per quanto riportato nel testo dell'interpello. Tuttavia, pone l'accento sulla possibilità ed opportunità di recuperare l'IVA sui costi di investimento per la riqualificazione di beni che, successivamente e in via prospettica, possono essere oggetto di concessione o uso a titolo oneroso, anche in misura parziale.