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Razionalizzazione periodica: incompleta se mancano le società quotate

Risulta incompleto ed elusivo della normativa di riferimento il provvedimento di ricognizione periodica, ex art. 20 del TUSP, che non ricomprenda al suo interno le società quotate e, eventualmente, le società dalle stesse partecipate, con possibili riflessi di responsabilità amministrativa.

Ciò è quanto si evince dalla deliberazione n. 110/2022/PRSE della Corte dei Conti Piemonte, in cui i Magistrati hanno precisato che “l’omissione, nel piano di revisione annuale di cui all’art. 20 TUSP, delle società “quotate” costituisce un elemento di incompletezza del provvedimento amministrativo che ne inficia parzialmente la legittimità, non avendo l’Ente scrutinato i presupposti legali per la detenzione di alcune partecipazioni detenute. Il tutto con elusione delle disposizioni del TUSP, poste innanzitutto a salvaguardia dei principi declinati all’art. 1 comma 2 (efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, tutela e promozione della concorrenza e del mercato, razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica) e con la potenziale esposizione a pregiudizio, attuale o futuro per gli equilibri finanziari dell’ente pubblico e per le casse erariali. Conseguentemente, potrebbe integrarsi, nei casi più gravi, una responsabilità amministrativa, anche di tipo omissivo, per non avere curato l’adozione dei provvedimenti di razionalizzazione richiesti e/o per non avere posto in essere quei meccanismi obbligatori di vigilanza di cui agli artt. 147 e ss. TUEL…”.

Nel caso di specie, trattasi di una società in house che ha adottato atti volti all’emissione di strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati, entro la data del 30.06.2016 e che veniva da taluni soci esclusa dal perimetro di analisi dell’art. 20 del TUSP in relazione all’interpretazione estensiva data dell'art. 1, co. 5, e dell'art. 26, co. 5, del D.lgs. 175/2016.

Nel merito la Corte ha però sottolineato che “la differente (e pur tuttavia diffusa presso molti enti) convinzione che la previsione di cui all’art. 1 comma 5 consista in una clausola di esonero generale – che cioè consentirebbe alle pubbliche amministrazioni di detenere e gestire partecipazioni in società “quotate” in deroga all’intero impianto del Tusp, ivi incluso l’obbligo di revisione annuale – si scontra già con l’accezione letterale della norma. Ed, infatti, si legge nel comma 5 che “Le disposizioni del presente decreto si applicano, solo se espressamente previsto, alle società quotate […]”, mentre, invece, diverse disposizioni del Tusp si rivolgono alle “pubbliche amministrazioni socie”. …. La corretta interpretazione dell’art 1, comma 5, dunque – come peraltro opportunamente chiarito dalla giurisprudenza contabile sopra citata – impone che, qualora la disposizione del TUSP abbia come destinatari gli enti soci, questi debbano applicare anche alle società “quotate” tutte le norme del TUSP, ivi incluse le disposizioni sull’obbligo di revisione annuale di dette società e delle loro partecipate (c.d. partecipate indirette). Più precisamente ne consegue che tutte le pubbliche amministrazioni debbano esercitare i diritti ed osservare gli obblighi che derivano loro dal Testo unico delle società pubbliche nella gestione delle partecipazioni societarie, anche se “quotate” …”

Si definisce così, in linea con le posizioni sostenute dal ns Studio nel supporto prestato alle ns Amministrazioni, un argomento che è stato, negli ultimi anni, oggetto di diversi confronti e dibattito.