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Quando si possono impugnare le delibere tariffarie dei tributi locali

Il Consiglio di Stato, sezione V, con sentenza del 16 settembre 2024, n. 7601, in riferimento al momento in cui è possibile impugnare le delibere tariffarie riguardanti i tributi locali ha affermato:

“Il principio generale, affermato da costante giurisprudenza, da cui prendere le mosse, è quello secondo cui i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili in via diretta solo ove contengano disposizioni in grado di ledere immediatamente le posizioni giuridiche soggettive dei destinatari; negli altri casi, divengono impugnabili solo quando sorge l’interesse a ricorrere, ovvero assieme all’atto applicativo che produca una lesione effettiva, e non solo ipotetica o futura (in tali termini, Cons. Stato, V, 7 ottobre 2016, n. 4130 e 6 maggio 2015, n. 2260, nonché id., VI, 29 marzo 1996, n. 512, richiamate da Cons. Stato, IV, 13 febbraio 2020, n. 1159).

Per le delibere che annualmente fissano le tariffe inerenti ai tributi locali, si è ritenuto inoltre che le stesse siano immediatamente lesive dei soggetti contribuenti per la modalità esecutiva della corrispondente imposizione, che comporta che, già con l’adozione delle tariffe nelle diverse misure in relazione alle diverse categorie di utenti, se ne possa constatare la lesività per gli appartenenti a tali categorie, senza necessità di attendere alcun atto applicativo (in tale senso, di recente Cons. Stato, V, 20 maggio 2024 n. 4478, in riferimento alla delibera di approvazione di tariffe TARI). In particolare, quando sia nota al contribuente la categoria di appartenenza, secondo il regolamento comunale, e venga contestata l’imposizione o la modifica tariffaria, pur generale ed astratta, ma riferita alla categoria alla quale il contribuente risulta appartenere, l’atto amministrativo generale che fissa le tariffe va considerato immediatamente lesivo nei suoi confronti, perciò impugnabile nel termine di decadenza decorrente dalla sua pubblicazione (cfr., per l’affermazione dello stesso principio per il servizio comunale cimiteriale, anche Cons. Stato, V, 19 settembre 2019, n. 6238). Invero, in tale situazione gli atti applicativi, di liquidazione o di accertamento dei tributi dovuti, hanno contenuto meramente esecutivo delle disposizioni generali (cfr. per l’approvazione del regolamento per l’applicazione della TARSU, già Cons. Stato, V, 27 aprile 1990, n. 379 e id., V, 12 luglio 1996, n. 854, nonché Cons. Stato, V, 17 marzo 2003, n. 1379 e, in tema di servizio idrico, Cons. Stato, VI, 6 aprile 2010, n. 1918, nonché più recentemente, in tema di delibere comunali riguardanti tariffe TARI nei confronti della categoria dei professionisti ricorrenti, Cons. Stato, I, parere n. 1945/2019, del 2 luglio 2019).”

Il Consiglio di Stato aggiunge, inoltre, che il momento in cui impugnare non è univoco, bensì dipende dal caso concreto, poiché per poter valutare l’immediata lesività della delibera tariffaria, si devono considerare: il contenuto della delibera e il tenore delle censure. In riferimento a queste il Consiglio di Stato precisa: “Queste ultime vanno reputate immediatamente dirette avverso la stessa delibera quando concernenti i criteri di quantificazione e gli importi delle tariffe per una determinata categoria di utenti; categoria, che la delibera medesima e gli atti preparatori (o connessi o allegati) - valutati anche in relazione alle delibere tariffarie riguardanti precedenti annualità - consente di individuare come quella di appartenenza del soggetto che si assume leso dalle tariffe di nuova introduzione (anche eventualmente contestando l’appartenenza alla categoria).”.