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Proroga utilizzo in parte corrente economie da rinegoziazioni mutui

Il DL 132/2023 in fase di conversione in legge al Senato ha previsto (emendamento votato) all’art. 6-quinquies intervento per destinazione risorse di enti territoriali derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi. In particolare l’articolo estende fino al 2026 l’applicazione della norma che consente agli enti territoriali di utilizzare, senza vincoli di destinazione, le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi.

A tal fine la disposizione modifica l’articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2015, che, nel testo vigente, attribuisce agli enti locali tale facoltà limitatamente al periodo 2015-2025.

Come rilevato dal Servizio studi del Senato, i commi 1 e 2 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2015 contengono disposizioni in materia di mutui degli enti locali, finalizzate da un lato a favorire l'accesso alle operazioni di rinegoziazione promosse da Cassa depositi e prestiti e, dall'altro, a garantire una maggiore flessibilità nell'utilizzo dei risparmi derivanti dalla rinegoziazione. Il comma 2, in particolare, è stato oggetto di numerose novelle. La facoltà di utilizzare, senza vincoli di destinazione, le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui e dal riacquisto dei titoli obbligazionari emessi, originariamente limitata al solo 2015, è stata poi estesa al 2016, con l'articolo 4, comma 1-bis, del decreto-legge n. 210 del 2015, e al 2017, con l'articolo 1, comma 440, della legge n. 232 del 2016. Successivamente, la predetta facoltà è stata estesa fino al 2020 con la legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 867, legge n. 205 del 2017), e fino al 2023 con l’articolo 57, comma 1- quater, del decreto-legge n. 124 del 2019. Da ultimo sulla disposizione, estendendone l'applicazione fino al 2024, è intervenuto l'articolo 3, comma 5- octies, del decreto-legge n. 228 del 2021. Infine, al 2025 dall’articolo 3-ter, comma 1, del decreto-legge n. 198 del 2022, “proroga termini”, come convertito dalla legge n. 14 del 2023.

L’eliminazione dei vincoli di destinazione, disposta dal predetto comma 2 dell’articolo 7 del decreto-legge n. 78 del 2015, consente agli enti locali di utilizzare le risorse che si liberano dalla rinegoziazione dei mutui anche per operazioni di copertura delle spese correnti, senza vincolarle necessariamente al finanziamento della spesa in conto capitale o all’estinzione di mutui.

I risparmi di linea capitale, infatti, pur in assenza di disposizioni restrittive espresse in tal senso, a differenza di quelli sulla linea interessi, dovrebbero essere destinati esclusivamente alla riduzione del debito o a nuovi investimenti. Sul punto, si ricorda che diversi pronunciamenti della Magistratura contabile hanno indicato obblighi di utilizzo dei risparmi in questione a riduzione del debito, delineando una prassi non modificabile se non per via normativa.

Più in particolare, con riferimento al tema dei vincoli di destinazione dei proventi da rinegoziazione delle posizioni debitorie, prima dell’entrata in vigore della disciplina di cui al citato articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2015, si era affermata l’interpretazione, sostenuta anche dalla Cassa depositi e prestiti (si veda in proposito la circolare n. 1283 del 28 aprile 2015, richiamata anche da una nota congiunta dell’11 maggio 2015 sottoscritta dal Direttore generale della CdP e dal Segretario generale dell’Anci), secondo cui le economie derivanti dal minore esborso annuale in linea capitale (conseguenti alla rinegoziazione dei mutui) devono essere destinate dagli enti locali alla copertura di spese di investimento o alla riduzione del debito. Gli eventuali risparmi in linea interessi non sono invece soggetti ad alcun vincolo e, pertanto, possono essere destinati alla spesa corrente.

Analoga interpretazione è stata condivisa in più occasioni dalla Corte dei Conti. Il consolidato orientamento della giurisprudenza contabile è infatti nel senso di ritenere dette economie come assoggettate al vincolo di destinazione del finanziamento degli investimenti posto dall’articolo 119, comma settimo, della Costituzione. Trattandosi di economie su risorse derivanti da indebitamento, infatti, soggiacciono agli stessi vincoli gravanti in origine sulle risorse stesse e, pertanto, devono essere destinate a spese in conto capitale, restando esclusa la possibilità di procedere con esse ad un automatico incremento della spesa corrente (in tal senso, tra le altre, Sezione controllo Piemonte n. 190/2014; Sezione controllo Emilia Romagna n. 145/2014, Sezione controllo Umbria n. 122/2015 e Sezione Controllo Marche, n. 12/2019). Tuttavia, l'esigenza di agevolare gli enti territoriali nel pareggio della (sempre più sofferente) parte corrente del bilancio, impiegando i risparmi delle quote di ammortamento dei mutui rinegoziati, ha spinto il legislatore a consentire l'utilizzo libero delle risorse.

Si tratta comunque, secondo la Corte, di una norma di natura eccezionale e temporanea, dovuta all’esigenza di introdurre misure di “alleggerimento” delle gestioni e che conferma la sussistenza del menzionato vincolo al di fuori delle ipotesi, temporalmente limitate, rientranti nella deroga.