Procedimento disciplinare, infondato l'accesso agli atti del legale
Il TAR Puglia con sentenza n. 824/2023 ha sancito l’infondatezza di accesso agli atti da parte di un legale nell’ambito di un procedimento disciplinare.
Non v’è alcun silenzio o inerzia dell’amministrazione – rileva il TAR - avendo la stessa adottato un provvedimento espresso nei termini previsti. Che poi, siffatta amministrazione, per il contenuto del provvedimento, non fornisca taluni dati e informazioni richieste, ossia non comunica il numero, lo stato di pendenza e il termine di conclusione prevedibile, riguardo a taluni procedimenti disciplinari, attivati a carico di un dato professionista, ciò non equivale a mero silenzio o inerzia impugnabile, ai sensi degli art. 31 e 117 c.p.a.
Il silenzio-rifiuto oggetto di impugnazione, ai sensi degli art. 31 e 117 c.p.a., è il silenzio mero, ossia l’inazione e/o l’inerzia dell’amministrazione a fare alcunché, laddove una disposizione normativa preveda il dovere dell’amministrazione di attivarsi e di adottare un provvedimento espresso.
Nel caso di specie, parte ricorrente si duole nella sostanza del “contenuto”, ritenuto non satisfattivo, di un provvedimento espresso, a fronte di una istanza di accesso agli atti. Dunque, un provvedimento è stato emanato, per quanto non abbia esaudito le pretese informative; ergo, non v’è alcun silenzio.
In materia di acceso agli atti, può inoltre ricordarsi che, nell’ipotesi di silenzio, viene a formarsi un provvedimento di diniego tacito (c.d. silenzio-rigetto) impugnabile, ai sensi degli artt. 25, comma 4, prima parte, della legge n. 241 del 1990 (“Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta”) e dell’art. 116 c.p.a. Anche, per questa ragione, il ricorso proposto come silenzio-rifiuto (o inadempimento), su cui pure nel corso del processo la difesa di parte ricorrente ha insistito, è privo di alcuna base giuridica sostanziale e processuale (ex multis: T.A.R. Campania, sez. VI, 8 luglio 2022 n. 4592).