Principio di risultato è utilizzabile dal Giudice come criterio interpretativo anche nelle procedure ante D.lgs. 36/2023
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4996/2024 del 4 giugno 2024 è tornato ad esprimersi in relazione al principio di risultato ed alla sua applicabilità a procedure ad evidenza pubblica a cui, ratione temporis, non può essere applicata la disciplina contenuta nel D.lgs. 36/2023.
Il Consiglio, richiamando due precedenti pronunce della propria Sezione terza (n. 9812 del 15.11.2023 e n. 286 del 26.03.2024), osserva che “anche se il “principio del risultato” è stato reso solo di recente esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici del 2023, tale principio era già “immanente” al sistema della c.d. amministrazione di risultato (ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023)” e, pertanto, “il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (Cons. Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924)”.
Secondo il Collegio la Pubblica Amministrazione “deve tendere al miglior risultato possibile, in “difesa” dell’interesse pubblico per il quale viene prevista una procedura ad evidenza pubblica, trattandosi, come ha autorevolmente insegnato la predetta giurisprudenza “di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire (…) e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale (…).” privilegiando quindi l’effettivo e tempestivo conseguimento degli obiettivi dell’azione pubblica considerando i fattori sostanziali dell’attività amministrativa ed evitando che la stessa sia vanificata.
Alla luce delle suesposte considerazione, il Consiglio di Stato ritiene che “per il Giudice Amministrativo il principio del risultato rappresenta il criterio interpretativo a cui ricorrere per risolvere i casi di contrasto tra il “dato formale” del pedissequo rispetto del bando e il “dato sostanziale” della idoneità delle partecipazioni dell’operatore economico” e, dunque, dell’interesse sostanziale dell’amministrazione alla spedita realizzazione del bene pubblico.
Il Collegio precisa, infine, che “il principio del risultato non deve tuttavia essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità” ed anzi, come chiarito dalla terza Sezione (Cons. Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866), “il valore del risultato «concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.