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Principio di auto organizzazione amministrativa

Il nuovo codice degli appalti, Dlgs 36/2023, all’art. 7 dispone sul principio di auto organizzazione amministrativa degli enti pubblici:

1.Le pubbliche amministrazioni organizzano autonomamente l'esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso l'auto-produzione, l'esternalizzazione e la cooperazione nel rispetto della disciplina del codice e del diritto dell'Unione europea.

2.Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono affidare direttamente a società in house lavori, servizi o forniture, nel rispetto dei principi di cui agli articoli 1, 2 e 3. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano per ciascun affidamento un provvedimento motivato in cui danno conto dei vantaggi per la collettività, delle connesse esternalità e della congruità economica della prestazione, anche in relazione al perseguimento di obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità, qualità della prestazione, celerità del procedimento e razionale impiego di risorse pubbliche. In caso di prestazioni strumentali, il provvedimento si intende sufficientemente motivato qualora dia conto dei vantaggi in termini di economicità, di celerità o di perseguimento di interessi strategici. I vantaggi di economicità possono emergere anche mediante la comparazione con gli standard di riferimento della società Consip S.p.a. e delle altre centrali di committenza, con i parametri ufficiali elaborati da altri enti regionali nazionali o esteri oppure, in mancanza, con gli standard di mercato.

3.L'affidamento in house di servizi di interesse economico generale di livello locale è disciplinato dal decreto legislativo 23 dicembre 2022, n. 201.

4.La cooperazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti volta al perseguimento di obiettivi di interesse comune non rientra nell'ambito di applicazione del codice quando concorrono tutte le seguenti condizioni:

a) interviene esclusivamente tra due o più stazioni appaltanti o enti concedenti, anche con competenze diverse;

b) garantisce la effettiva partecipazione di tutte le parti allo svolgimento di compiti funzionali all'attività di interesse comune, in un'ottica esclusivamente collaborativa e senza alcun rapporto sinallagmatico tra prestazioni;

c) determina una convergenza sinergica su attività di interesse comune, pur nella eventuale diversità del fine perseguito da ciascuna amministrazione, purché l'accordo non tenda a realizzare la missione istituzionale di una sola delle amministrazioni aderenti;

d) le stazioni appaltanti o gli enti concedenti partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20 per cento delle attività interessate dalla cooperazione.

Relazione illustrativa:

L’articolo 7 recepisce il principio di auto-organizzazione amministrativa, sancito anche nell’art. 2 direttiva 2014/23/UE, in base al quale le pubbliche amministrazioni scelgono autonomamente di organizzare l’esecuzione di lavori o la prestazione di beni e servizi attraverso il ricorso a tre modelli fra loro alternativi: a) auto-produzione, b) esternalizzazione; c) cooperazione con altre pubbliche amministrazioni.

La codificazione del principio in esame determina un maggiore allineamento del diritto nazionale all’ordinamento dell’Unione, che pone l’autoproduzione e l’esternalizzazione su un piano di tendenziale parità, così superando l’opzione fortemente restrittiva del d.lgs. n.50/2016, sulla quale si erano appuntati i dubbi di compatibilità comunitaria di cui all’ordinanza n. 138 del 7 gennaio 2019 della Quinta Sezione del Consiglio di Stato, poi risolti, in senso negativo, da Corte di Giustizia ord. 6 febbraio 2020, in cause riunite da C‑89/19 a C‑91/19, Rieco S.p.a.

La disposizione è in linea con quanto previsto in altri Stati membri dell’U.E. Ad esempio, nell’ordinamento francese, l’art. 1 del Code della commande publique sancisce: “Les acheteurs et les autorités concédantes choisissent librement, pour répondre à leurs besoins, d'utiliser leurs propres moyens ou d'avoir recours à un contrat de la commande publique”.

La disposizione si ricollega ai principi della fiducia e del risultato, che orienta la scelta dell’Amministrazione anche nella scelta tra mercato e autoproduzione, così recuperando, in coerenza anche con alcune indicazioni che provengono dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza n. 131/2020) l’ “amministrazione del fare”, per troppo tempo sacrificata in base a visioni nazionali prive di fondamento unionale, a favore di un’amministrazione che si limita, con l’obbligo di esternalizzazione, a “far fare agli altri”.

Va evidenziato che in base alla normativa introdotta, la parità tra ricorso al mercato e auto-produzione è solo tendenziale in quanto la scelta per l’affidamento in house deve essere sempre motivata (a differenza di quanto accade per il ricorso al mercato, che non richiede specifica motivazione). In coerenza con il principio della fiducia di cui all’art. 2, si è però semplificata la motivazione attraverso la previsione secondo cui, in caso di prestazioni strumentali, l’affidamento in house si intende sufficientemente motivato qualora l’amministrazione dia conto dei vantaggi in termini di economicità, celerità e perseguimento degli interessi strategici. In via generale, viene escluso l’obbligo di dimostrare la situazione di “fallimento del mercato” e di esporre le ragioni che giustificano il ricorso all’istituto, mentre rimane la valutazione della congruità economica dell’offerta.

Nell’ottica del superamento dell’atteggiamento fortemente restrittivo nei confronti dell’in house, si spiega anche la scelta di non riproporre il particolare procedimento di iscrizione nel registro ANAC, previsto dall’art. 192 del d. lgs. n. 50/2016.

Ed invero, sebbene l’iscrizione nel registro ANAC abbia formalmente una funzione dichiarativa, non vi è dubbio che, come chiarito dal Consiglio di Stato con il parere n. 282 del 2017, il procedimento nel suo complesso abbia comunque una natura “ibrida”, presentando diversi ed evidenti profili di autoritatività. Ciò in quanto, il diniego di iscrizione eventualmente adottato dall’ANAC ha effetti costitutivi (nel citato parere viene espressamente qualificato come provvedimento amministrativo impugnabile innanzi al giudice amministrativo), il che, alla fine, equipara il meccanismo in esame ad una procedura di segnalazione, nel quale la domanda di iscrizione svolge funzioni analoga alla presentazione di una s.c.i.a.

L’idea sottesa all’art. 192 d. lgs. n. 50/2016 è, quindi, quella che l’in house abbia comunque bisogno di un titolo abilitativo, la cui formazione è “controllata” dall’ANAC, e questo appare sproporzionato rispetto alle funzioni di vigilanza e alle esigenze di trasparenza degli affidamenti (queste ultime già assicurate dagli obblighi di pubblicazione).

Il comma 1 perimetra il campo di applicazione del principio di auto-organizzazione e fa riferimento non solo ai lavori e ai servizi ma anche ai beni, in modo da coprire l’intero panorama dei contratti pubblici e superare alcuni dubbi interpretativi suscitati dalla limitazione ai soli servizi della formulazione dell’art. 192 comma 2 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Il comma 2 disciplina la motivazione per il ricorso all’in house, chiarendo, al primo periodo, che il ricorso a tale modello gestionale è accomunato all’affidamento mediante il ricorso al mercato dall’applicazione dei medesimi principi indicati agli artt. 1, 2 e 3 (principio del risultato, principio della fiducia, principio dell’accesso al mercato).

Il secondo e terzo periodo del comma 2 rispettivamente prevedono:

- una semplificazione della motivazione rispetto all’art. 192 comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, tenuto conto che il principio di libera amministrazione determina il superamento dell’onere di motivazione rafforzata, fondato sulla natura eccezionale e derogatoria dell’in house;

- una motivazione ancorata più a ragioni economiche e sociali (le ricadute positive sul piano sociale rientrano tra le esternalità da valutare ai fini della scelta del modello gestionale) che a ragioni giuridico-formali.

Più nel dettaglio, sono previsti due livelli di complessità della motivazione, a seconda dell’oggetto del contratto:

i) per i servizi all’utenza è necessario che vengano evidenziati i vantaggi per la collettività sotto il profilo della qualità e universalità del servizio, oltre che del risparmio di tempo e del razionale impiego (in un’ottica non solo di minore spesa ma di spesa efficiente) delle risorse. Si tratta di obiettivi che devono comunque essere perseguiti qualunque sia la forma di gestione prescelta (art. 2 direttiva 2014/23). Analogo modello è previsto anche tra i criteri di delega della legge sulla concorrenza 5 agosto 2022 n. 118 (art. 8, comma 2, lett g) );

ii) per i servizi strumentali alla pubblica amministrazione è sufficiente una motivazione più snella con riferimento alla riduzione di tempi e costi sulla base di parametri predeterminati e oggettivi di raffronto, sul modello dell’art. 10 d.l. 31 maggio 2021 n. 77 relativo alle convenzioni aventi ad oggetto il supporto tecnico operativo delle società in house. Ai fini della legittimità dell’affidamento in house occorrerà, quindi, una motivazione incentrata prevalentemente su ragioni di convenienza economica, anche con riferimento a parametri oggettivi e predeterminati di rapporto qualità/prezzo. Più nello specifico, in linea con quanto previsto dal d.l. n. 77 del 2021, si è fatto riferimento agli standard della società Consip S.p.a.. Si ricorda, a tal proposito, che Consip è una società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che opera – secondo gli indirizzi strategici definiti dall’azionista – al servizio esclusivo della pubblica amministrazione, intervenendo con strumenti e metodologie per la digitalizzazione degli acquisti pubblici. Essa trova il suo fondamento normativo, anche nella funzione di benchmark svolta dalle convenzioni quadro dalla stessa stipulate, nell’art. 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

Accanto agli standard Consip sono indicati altri parametri a cui è possibile fare riferimento tenuto conto della tipologia di prestazione e, in mancanza, agli standard di mercato: si tratta di parametri accomunati dalla predeterminazione e dell’oggettività.

Il comma 3 contiene un coordinamento con il decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 8 della legge 5 agosto 2022, n. 118, cui è demandata la disciplina dell’affidamento in house dei servizi di interesse economico generale di livello locale.

Il comma 4 disciplina gli accordi tra pubbliche amministrazioni per lo svolgimento in comune di compiti di interesse pubblico. La disposizione contiene una riformulazione semplificata della previsione attualmente contenuta dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. 50 del 2016, rispetto al quale tiene conto dell’elaborazione giurisprudenziale nazionale e sovranazionale, che ha subordinato la cooperazione tra amministrazioni tramite accordi (che possono essere conclusi senza gara) alle condizioni indicate nel nuovo articolato. In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che le amministrazioni che partecipano all’accordo possono avere competenze diverse e perseguire finalità pubbliche diverse, purché la reciproca collaborazione consenta a ciascuna di realizzare il proprio obiettivo. Elemento determinante è l’assenza di una logica di scambio, che in questi accordi deve mancare a favore dello svolgimento in comune di attività dirette a soddisfare interessi pubblici, anche non coincidenti ma rientranti nella missione istituzionale di ciascuna amministrazione partecipante all’accordo.