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Il neo pensionato può fare formazione al neo assunto, ma sugli incarichi ai pensionati si rischia il danno erariale

La Corte Conti Basilicata, con parere n. 62/2023 è intervenuta in materia di incarichi ai pensionati, ricordando innanzitutto agli enti locali ed anche ai pensionati di prestare molta attenzione per non incorrere in ipotesi di danno erariale e di riduzione della pensione.

Il quesito del Comune istante riguarda la possibilità che il neo pensionato del comune faccia affiancamento e formazione al neo assunto inesperto.

La Sezione ricorda che la disposizione dell’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012 “E’ fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto Nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Alle suddette amministrazioni è, altresì, fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all’articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, della legge 30 ottobre 2013, n. 125. Gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito. Per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, la durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese, corrisposti nei limiti fissati dall’organo competente dell’amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell’ambito della propria autonomia. Per le fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, il divieto di conferimento di incarichi si applica ai soggetti di cui al presente comma al raggiungimento del settantesimo anno di età”.

Nello specifico, il divieto riguarda “gli incarichi di studio o consulenza”, gli “incarichi dirigenziali o direttivi” o “le cariche in organi di governo”; tali incarichi sono viceversa consentiti ove gratuiti e, per i soli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la gratuità, è prevista una ulteriore limitazione rappresentata dalla durata massima non superiore ad un anno, non prorogabile né rinnovabile.

In attuazione di detta disposizione, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha emanato due circolari, la n. 6/2014 e la n. 4/2015. La prima specifica espressamente che “la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica….Gli incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati. Un’interpretazione estensiva dei divieti in esame potrebbe determinare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale”.

La circolare precisa altresì che, ai fini della applicazione dei divieti, occorre prescindere dalla natura giuridica del rapporto, dovendosi, invece, considerare l’oggetto dell’incarico.

Anche la Corte dei Conti – Sezione Centrale di Controllo di Legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato – ha ritenuto che “il divieto (…), in quanto norma limitatrice, è da valutare sulla base del criterio di stretta interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi, che non consente operazioni ermeneutiche di indirizzo estensivo, fondate sull’analogia” (deliberazione n. SCCLEG/23/2014/PREV).

La successiva circolare n. 4/2015, integrativa delle indicazioni della precedente, specifica che il divieto di cui all’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012 “riguarda anche le collaborazioni e gli incarichi attribuiti ai sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dell’articolo 90 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Come già osservato nella circolare n. 6 del 2014, infatti, in assenza di esclusioni al riguardo, devono ritenersi soggetti al divieto anche gli incarichi dirigenziali, direttivi, di studio o di consulenza assegnati nell’ambito degli uffici di diretta collaborazione di organi politici”.

Le due circolari, come evidenziato dai pareri espressi dalle Sezioni Regionali di Controllo per la Liguria (deliberazione n. 27/2016/PAR), per la Basilicata (deliberazione n. 38/2018/PAR) e per la Lombardia (deliberazione n. 126/2022/PAR) della Corte dei Conti, “non sono antitetiche ma si integrano tra loro, in quanto la seconda si limita a chiarire come neppure utilizzando lo schema elastico dell’art. 90 del Tuel sia possibile, nell’ambito degli enti locali, conferire incarichi dirigenziali o direttivi a soggetti già pensionati”.

La tassatività delle fattispecie vietate, dunque, fa sì che le attività consentite possano ricavarsi a contrario, dovendosi le situazioni diverse da quelle previste dall’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012 non essere ricomprese nel divieto di legge, ferma restando, al contempo, la necessità di evitare interpretazioni elusive della disposizione in esame, come evidenziato sia dalle due circolari richiamate sia dalla giurisprudenza contabile secondo cui “al fine di stabilire se un certo incarico ricada o meno nel divieto normativo di cui all’art. 5, comma 9, del decreto-legge 95/2012, occorre prescindere dal nomen juris utilizzato e guardare alla concreta funzione assegnata al soggetto incaricato” (cfr. Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, deliberazione n. 60/2022/PAR; Sez. Reg. Contr. Sardegna, deliberazione n. 139/2022/PAR).

La risposta al quesito formulato dal Sindaco del Comune istante presuppone, quindi, il previo e corretto inquadramento dell’attività che verrebbe svolta dal soggetto incaricato in quiescenza, la quale, nella richiesta di parere, viene definita in termini di “formazione iniziale” e di “primo affiancamento” ovvero una attività volta ‹‹ad illustrare al dipendente neo- assunto, che non abbia una pregressa esperienza “sul campo” nell’esercizio di funzioni analoghe a quelle che è chiamato a svolgere presso l’ente, le modalità operative di svolgimento delle mansioni assegnatigli›› (cfr. Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Liguria, deliberazione n. 66/2023/PAR), al fine di verificare se la stessa sia ricompresa o meno nel divieto di cui all’art. 5, comma 9, D.L. n. 95/2012.

Con riguardo alla natura dell’attività in questione, si registra, nella recente giurisprudenza contabile occupatasi del tema, una difformità di vedute.

In particolare, la Sezione del controllo per la Regione Sardegna, con la deliberazione n. 139/2022/PAR ha ritenuto trattarsi di attività di consulenza atteso che ‹‹il concetto di consulenza implica essenzialmente un supporto professionale svolto a favore di altro soggetto che necessita di competenza qualificata per essere adiuvato o “formato” in determinate materie specialistiche››. Viceversa sia la Sezione Regionale di Controllo per il Lazio (deliberazione n. 88/2023/PAR) sia la Sezione Regionale di Controllo per la Liguria (deliberazione n. 66/2023/PAR), sulla base del carattere tassativo delle fattispecie contemplate dall’art. 5, comma 9 del D.L. n. 95/2012 (come già in precedenza sottolineato), hanno escluso che l’attività di supporto ed affiancamento rientri nell’ambito di applicazione della norma in questione, nella misura in cui tale attività di “assistenza” (consentita) si diversifichi da quelle di studio e consulenza (vietate): si deve trattare, cioè, di una attività di assistenza “che non comporti studio e consulenza, ossia attività caratterizzata, in negativo, dalla mancanza di competenze specialistiche e che non rientri nelle ipotesi di contratto d’opera intellettuale di cui agli articoli 2229 e seguenti del Codice civile” (cfr. Corte dei Conti, Sez. Reg. Contr. Basilicata, deliberazione n. 38/2018/PAR; Sez. Reg. Contr. Lombardia, deliberazione n. 126/2022/PAR).