Permesso per incarico di revisore a dipendente pubblico, valuta l’ente
Il Ministero dell’Interno, in merito alla richiesta di parere circa l’incompatibilità per un dipendente pubblico di svolgere attività di revisore dei conti in un’altra amministrazione pubblica ha rilevato che la valutazione dei presupposti ai fini dell'autorizzazione è rimessa all'ente locale - datore di lavoro. L’ipotesi in parola considera il caso in cui non vi sia conflitto di interessi con l'ente presso il quale si è dipendente ed al di fuori dell'orario di servizio.
In via preliminare, si osserva che il rapporto di lavoro con il datore pubblico è caratterizzato dal principio costituzionale di esclusività previsto dall'articolo 98 della Costituzione: "I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione". Principio che viene esplicitato anche dall'articolo 97 della Costituzione che recita: "I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari".
In conseguenza di ciò, il Testo unico del pubblico impiego, approvato con decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, sancisce, all'articolo 53, comma 1: "Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con DPR 10 gennaio 1957, n.3", cioè il divieto di svolgere attività commerciali, industriali, imprenditoriali e professionali in costanza di rapporto di lavoro. Inoltre, il comma 5 dell'articolo 53 citato, stabilisce che "in ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonchè l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente."
Tali disposizioni normative vanno lette in combinato disposto con l'articolo 236 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, che espressamente disciplina i casi di incompatibilità ed ineleggibilità all'incarico di revisore dei conti. In tal senso, è opportuno precisare che per "incompatibilità" si intende l'impedimento che non consente il regolare svolgimento dell'attività di revisore, a causa di un cumulo di funzioni o di situazioni in capo ad uno stesso soggetto da cui potrebbe derivare un conflitto di interessi ed impone una scelta tra il nuovo ed il precedente ufficio ricoperto.
Ciò premesso, le ipotesi di incompatibilità sono tipiche e nominate dal legislatore e, pertanto, non possono essere derogate né estese per analogia ad altri casi che non siano quelli espressamente previsti dal legislatore medesimo. Pertanto, nel caso descritto sulla base degli elementi forniti, questo Ufficio non ha la competenza a valutare un'eventuale un'incompatibilità, che prima facie non appare, tuttavia, la valutazione dei presupposti del caso concreto è rimessa all'ente locale presso il quale è dipendente. In esito a tale breve excursus, si può affermare fondamentale l'autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza, per la valutazione delle incompatibilità ex legis e per eventuali conflitti di interesse del caso concreto, ai sensi della legge n.190 del 2012 e con il decreto legislativo n.39 del 2013.