Onere rafforzato per la costituzione di nuove società
Nell’ambito dell’attività di controllo ex art. 5 TUSP, la Corte dei Conti Campania con la deliberazione n. 129/2023/PASP ha evidenziato l’assenza, nell’atto deliberativo di un ente locale, di una specifica analisi volta alla comparazione delle diverse modalità di gestione del servizio percorribili, censurando in tal senso la costituzione di una società a capitale misto pubblico-privato.
In particolare, la Magistratura contabile ha osservato come “la costituzione di organismi societari” sia stata vincolata dal legislatore tramite la “previsione di limiti sostanziali e procedurali” volti ad arginare il fenomeno “anche al fine di ridurne l’impatto sulla finanza pubblica”.
Detta intenzione è rilevabile in primo luogo nella formulazione dell’art. 4 del TUSP, nel quale si rinvengono i principi di inerenza e di necessità, “preordinati a circoscrivere le deroghe al principio generale dell’universalità del bilancio (postulato n. 3, allegato 1, d.lgs. n. 118/2011)”. La creazione di una nuova società comporta infatti l’origine di “patrimoni destinati ad una specifica finalità, con un bilancio distinto da quello dell’ente controllante e con un regime di contabilità economico-patrimoniale, non autorizzatoria. Tale regime contabile relega il successivo controllo democratico al finanziamento dei debiti fuori bilancio (art. 194 Tuel, art. 73 d.lgs. n. 118/2011) o al soccorso finanziario, quando si è manifestato, di fatto, un difetto di copertura del ciclo di produzione di beni e servizi (art. 14 Tusp)”.
Ma in generale, lo sfavore che il legislatore riserva allo strumento societario è rinvenibile in diverse norme anche a livello di legislazione ordinaria, che sottolineano l’effetto sostanziale di derogare “al principio dell’universalità del bilancio, attraverso sistemi contabili di diritto privato, che non prevedono gli stessi presidi pubblicistici (contabilità autorizzatoria e controlli ex 148-bis Tuel) a tutela dell’equilibrio di bilancio (cfr. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, deliberazione n. 59/2023/PASP)” e che peraltro porta il “rischio di alterare la concorrenza (Corte cost., n. 325/2010, punto 3.1.1.1. in diritto)”.
I Giudici hanno quindi osservato come i richiami operati alla giurisprudenza precedente qui riportata apportino argomentazioni valevoli principalmente “per le società in house”, ma siano altresì “replicabili, sia pure in misura diversa, anche per le società miste”.
Sul punto, è stato infine ricordato che “Sebbene la scelta del partenariato pubblico privato istituzionale (PPPI) consenta una parziale apertura al mercato, mediante la selezione del socio operativo con la gara a doppio oggetto(in termini,dunque, sia di scelta del socio privato che di affidamento dell’appalto o della concessione), essa comunque comporta la creazione di un nuovo organismo societario di cui l’Ente pubblico è socio di maggioranza. La sostenibilità e la convenienza economica di tale scelta, pertanto, avrebbero dovuto essere analiticamente motivate rispetto all’affidamento a terzi con gara del servizio, che non comporta la creazione di alcun soggetto societario controllato dall’Ente”.