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Offerta contenente beni prodotti in Paesi terzi

Il TAR Puglia con sentenza n. 834/2024 del 10 luglio ha provveduto a vagliare la ratio ed il funzionamento della disposizione contenuta nell’art. 170 del Nuovo Codice dei contratti pubblici che si applica a offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con i quali l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione europea ai mercati di tali Paesi terzi.

La ricorrente tra i motivi di impugnazione di un’aggiudicazione relativa ad una gara europea a procedura aperta per la fornitura di bus elettrici, sosteneva la violazione del suddetto art. 170 ritenendo che il comune avrebbe omesso di verificare e di valutare la provenienza dei prodotti oggetto della fornitura dell’aggiudicataria, non avrebbe motivato in merito al mancato respingimento dell’offerta dell’aggiudicataria omettendo di trasmette all’ANAC la documentazione ai fini delle ulteriori verifiche. Secondo la ricorrente, infatti, “emergerebbe che la produzione e l’assemblaggio dei bus elettrici che compongono l’offerta della controinteressata avviene in Cina” e, pertanto, non avendo il comune motivato le ragioni del mancato respingimento dell’offerta, l’aggiudicazione sarebbe illegittima.

L’amministrazione Comunale convenuta e l’aggiudicataria controinteressata eccepivano l’inapplicabilità dell’art. 170 alla gara oggetto di causa

Il TAR ha ritenuto la doglianza della ricorrente infondata, osservando che l’art. 170, comma 2, D.lgs. 36/2023 prevede che “qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n.952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta. In caso di mancato respingimento dell’offerta a norma del presente comma, la stazione appaltante o l’ente concedente motiva debitamente le ragioni della scelta e trasmette all’Autorità la relativa documentazione” e, pertanto, risulta applicabile al caso in esame, infatti, l’art. 170 è collocato nell’ambito del Libro III del codice dei contratti pubblici che disciplina l’appalto nei settori speciali entro cui rientra la procedura di gara oggetto di causa.

Il Collegio, tuttavia, osserva che “la disposizione normativa di cui all’art. 170 sopra richiamata non vieta in linea di principio l’ammissibilità delle offerte contenenti, per oltre il 50% del valore totale, prodotti originari di Paesi terzi, né impone alla Stazione appaltante di escludere l’operatore che presenti un’offerta così composta, ma attribuisce all’Amministrazione, sotto tale specifico profilo, un potere ampiamente discrezionale che si esercita, in particolare, nel momento in cui la stazione appaltante decida di non respingere l’offerta di prodotti extra-europei”.

Il TAR riporta, inoltre, quanto chiarito dalla giurisprudenza amministrativa sulla ratio della norma in parola, relativamente a quanto previsto dall’art. 137 del d.lgs. 50/2016 trasfuso nell’art. 170 del d.lgs. 36/2023, e cioè che “tale disposizione è volta a garantire condizioni minime di tutela della par condicio tra le imprese che partecipano alle gare sul mercato degli appalti comunitari, con specifico riferimento ai casi in cui le forniture abbiano ad oggetto prodotti originari di paesi terzi. Si tratta pertanto di una forma specifica di tutela del generale e fondamentale principio della par condicio, che viene messo a rischio di lesione quando vengono offerti beni prodotti in paesi terzi con costi di produzione molto bassi e regole di mercato ben più competitive. Svolto tale chiarimento, deve ritenersi che il rispetto di tale principio di reciprocità sia assicurato quando l’offerta contenente beni prodotti in Paesi terzi, nel suo complesso, risponde agli standard qualitativi ed economici normalmente riscontrabili sul mercato degli appalti comunitari. Appare pertanto ragionevole che la verifica complessiva dell’offerta contenente prodotti di paesi terzi abbia preliminarmente ad oggetto la rispondenza di tali prodotti extra-europei alle specifiche tecniche richieste dagli atti di gara e al livello qualitativo ritenuto adeguato dalla Stazione appaltante. I beni prodotti nei paesi terzi devono presentare caratteristiche tecniche e qualitative in linea rispetto a quelle dei prodotti offerti da tutti i concorrenti alla gara. Inoltre, ai fini della verifica del rispetto delle condizioni di reciprocità, appaiono rilevanti anche i profili attinenti ai processi di produzione e di organizzazione delle imprese coinvolte, poiché questi certamente influiscono sul costo finale dei prodotti e, conseguentemente, sulla dinamica concorrenziale del mercato e sui rapporti tra gli operatori economici. Gli elementi relativi ai processi organizzativi e produttivi forniscono quindi un utile riscontro circa il rispetto di standard minimi simili tra le imprese produttrici europee e quelle di paesi terzi, che inevitabilmente incidono sulla par condicio tra gli operatori del mercato» (sentenza n. 844/2018 TAR Veneto – Sezione Prima)”.

Il Collegio, nell’esaminare il caso concreto, ha rilevato che il responsabile unico del progetto ha motivato le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a non respingere l’offerta formulata dall’aggiudicataria “in una ideale linea di continuità con quanto sopra evidenziato”. Ritenendo la motivazione sufficiente ed alla luce del fatto che l’art. 170 D.lgs. 36/2023, applicabile al caso di specie, non prevede un divieto assoluto e lascia un potere ampiamente discrezionale alla stazione appaltante rigettando così il motivo di ricorso.