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Nullità dell’incarico di funzioni dirigenziali per carenza dei requisiti di cui all’art. 19, c.6, del D.Lgs. n.165/2001

La Suprema Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n.15974/2024 pubblicata in data 7/06/2024 è recentemente intervenuta riguardo gli incarichi di funzioni dirigenziali disciplinati all’art. 19 del D.Lgs. n.165/2001 che, nel testo vigente sino al 30/10/2013 ed al comma n.6, per quanto di interesse, stabilisce che:

"Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti, fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali, ivi comprese quelle che conferiscono gli incarichi, in posizioni funzionali previste per l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato (...)".

La fattispecie ha ad oggetto l’impugnazione, da parte del Dott. Gu. Br., del provvedimento di revoca dell’incarico di dirigente generale del dipartimento Ambiente disposto dalla nuova Giunta della Regione Calabria.

A seguito di un accoglimento del ricorso con condanna della P.A. al risarcimento del danno da parte del giudice di prime cure, la Corte di Appello di Catanzaro ribaltava la sentenza sostenendo le doglianze della Regione Calabria.

Avverso tale diniego proponeva ricorso per cassazione il Dott. Gu.Br. contestando la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 del D.Lgs. n. 165 del 2001, in quanto l'onere motivazionale richiesto dalla norma sarebbe stato specificamente finalizzato ad accertare la sussistenza o meno di risorse interne alle quali attribuire l'incarico.

A parere della parte ricorrente, infatti, non sarebbe stata necessaria la specificazione degli incarichi precedentemente ricevuti presso enti locali.

All’esito del giudizio, la Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze del Dott. Gu.Br., in quanto l'accoglimento del giudizio di appello è stato ricollegato alla mancata o generica indicazione dei presupposti legali di conferimento dell'incarico individuati dall'art. 19, c. 6, D.Lgs. n. 165 del 2001.

Pertanto, l'assenza, la non indicazione o la generica menzione dei presupposti legali indicati non possono non incidere sul successivo contratto, che non avrebbe mai potuto essere concluso senza la previa verifica della loro esistenza.

Nella specie, la corte territoriale aveva regolarmente accertato che uno dei titoli vantati dal ricorrente era illegittimo perché maturato in corrispondenza dell'esecuzione di un contratto di lavoro nullo, con conseguente sua inutilizzabilità ai fini dell'instaurazione di un nuovo rapporto con la stessa P.A. per insussistenza dei requisiti professionali di cui all’art. 19, c.6 del D.lgs. n.165/2001.

È questa circostanza, e non la mera mancanza di una motivazione esplicita e analitica, prevista anch’essa dall'art. 19, c.6, del D.Lgs. n. 165 del 2001 con una previsione di carattere procedimentale, a rendere nullo il contratto di lavoro oggetto di causa.

Infatti, esso è stato concluso in violazione della diversa e ulteriore disposizione imperativa di natura sostanziale riguardante l'assunzione e i requisiti obbligatori che i beneficiari dell'incarico devono possedere al fine della tutela degli interessi pubblici alla cui realizzazione deve essere costantemente orientata l'azione amministrativa.

La Suprema Corte di Cassazione ha, dunque, dato applicazione all'orientamento per il quale, in relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta nullità virtuale), ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch'esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti, che può essere fonte di responsabilità (vedasi Corte Cass., SU, n. 26724 del 19/12/2007).

Ebbene, premessa la natura di disposizione inderogabile dell'art. 19, c.6, del D.Lgs. n. 165 del 2001, ove indica i presupposti di competenza minimi che il destinatario dell'incarico di funzioni dirigenziali deve doverosamente rispettare, l'esistenza in capo al soggetto che è parte del contratto con la P.A. dei requisiti ivi previsti incide sulla validità del contratto stesso, il quale non può essere altrimenti stipulato, non avendo l'Amministrazione il potere di concluderlo.

In ragione e per effetto di quanto premesso, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Dott. Gu.Br. enunciando il seguente principio di diritto:

"L'incarico attribuito ex art. 19, c.6, D.Lgs. n. 165 del 2001, nel testo vigente sino al 30/10/2013, a soggetto privo dei requisiti indicati da quest'ultima disposizione e il contratto individuale che a tale incarico accede sono nulli, ai sensi dell'art. 1418, c. 1, c.c., per violazione di una disposizione imperativa".