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Non soggetto ad IVA il contributo all'associazione per la gestione dell'impianto sportivo

"In tema di IVA, l'erogazione di un contributo in denaro da parte dell'ente locale in favore di una associazione sportiva dilettantistica, quale gestore di un impianto sportivo di proprietà del primo, non è soggetto ad imposta qualora, alla luce della convenzione intervenuta tra le parti, non sia legato da nesso sinallagmatico con la prestazione dei servizi offerti all'utenza dall'associazione e costituisca una forma di sovvenzione gratuita, per contribuire alle spese gestionali dell'impianto sportivo, in linea con la natura pubblicistica della concessione in uso di un bene del patrimonio indisponibile comunale" (Sez. 6-5, n. 40622 del 17/12/2021, Rv. 663663-01). Lo chiarisce la Sentenza della Corte di Cassazione Sez. V, Ordinanza, 12/09/2023, n. 26372
in relazione alla richiesta dell'Agenzia delle entrate di "auto-fatturare" gli oneri a carico dei concessionari (apertura e chiusura degli impianti, pulizia ecc.) previsti nei singoli contratti, con i quali il Comune di (Omissis) concedeva la gestione degli impianti sportivi ad associazioni sportive, costituendo prestazioni di servizi, come il relativo contributo corrisposto che rappresenta il relativo corrispettivo. Si tratta di un caso di particolare interesse perché particolarmente diffuso negli enti locali ed oggetto di opinioni contrastanti.

La CTR aveva escluso la rilevanza IVA per il Comune "non perseguiva alcun obiettivo imprenditoriale finalizzato al conseguimento di un reddito" e "i contributi coprivano solo una parte delle spese sostenute dalle associazioni, non sussiste alcun nesso (difetto del sinallagma) tra concessione dei contributi e spese di gestione sostenute". L'Agenzia proponendo ricorso deducendo però che "emerge dagli atti che le associazioni sportive, a fronte delle prestazioni individuate nei contratti, percepiscono corrispettive somme di denaro, erogate solo in seguito all'effettivo adempimento; all'art. 7 dei contratti, è indicata l'erogazione di un contributo ai concessionari quale concorso nelle spese di gestione; alla luce del complesso delle clausole contrattuali, è stabilita, in caso di inadempienza, la decadenza dalla concessione; per l'utilizzo degli impianti, il Comune richiede un corrispettivo sottoposto ad iva; l'imponibilità ai fini dell'iva è stata prevista a partire dal 2010 per i contributi erogati nel 2009 e solo in relazione ad alcuni contratti rinnovati. "Emerge, perciò, in modo chiaro" - prosegue il motivo - "che l'erogazione del contributo per la gestione degli impianti sportivi sia in diretto rapporto sinallagmatico con la prestazione del concessionario, anche per gli a(nni) anteriori al 2000 e per tutte le tipologie contrattuali di gestione degli impianti sportivi considerate". Conseguentemente, "il compenso ricevuto dal prestatore/cedente (il Comune) costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato, a fronte di precise e ben individuate prestazioni di servizio". Si versa in ipotesi di attività commerciali, assoggettate ad iva, ai sensi degli artt. 2 e 3 D.P.R. n. 633 del 1972. Le concessioni di servizio rilasciate dal Comune di (Omissis) sono peraltro inquadrabili nell'ambito dei contratti pubblici passivi ex art. 3 D.Lgs. n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici)".

Si tratta sostanzialmente di elementi che sono inclusi nella circolare n. 34/E/2013 che disciplina le ipotesi nel quale i "contributi" possono essere considerati sinallagmatici: clausole contrattuali che prevedono in particolare la risoluzione (in realtà qui si parla di "decadenza") in caso di inadempienza, il fatto che ci si trovi di fronte ad un "contratto" finanche pubblico ai sensi del Codice dei contratti, e costantemente ripresi nelle varie Risposte dell'Agenzia delle entrate anche negli ultimi anni.

Tuttavia, la Cassazione confermando la sentenza di secondo grado, evidenzia, nel merito che "le associazioni non erano gravate da un'obbligazione di fornitura di servizi, ma soltanto dal rispetto di oneri dedotti in concessione al fine di assicurare la fruibilità dei servizi, sia che le somme corrisposte dal Comune alle associazioni costituivano meri contributi a fondo perduto, in effetti come tali finanche definiti dai contratti (...) "le somme di cui si tratta effettivamente integravano "un contributo in denaro alle ulteriori spese di gestione sostenute dalle associazioni": spese, dunque, di cui il Comune (già gravato di quelle ordinarie e straordinarie) si faceva solo "parzialmente" carico, con conseguente esclusione in radice di alcun sinallagma. In altre parole, secondo la non censurata ricostruzione in fatto della CTR, il Comune manteneva la titolarità dei servizi pubblici sportivo-ricreativi, erogandoli con il coinvolgimento delle associazioni, al fine di consolidare il quale accordava loro contributi a fondo perduto a parziale copertura dei costi di gestione".

Ne deriva quindi un importante punto di arresto in tema di assoggettamento ad IVA delle somme che i Comuni erogano a gestori di impianti e di servizi. Ove questi non si pongano in rapporto di corrispettività con il servizio, perché di fatto non c'è un "servizio" svolto ma solo un concorso alle spese per la gestione (ordinaria) della struttura, il contributo non è rilevante IVA, anche se indicato in un contratto.