Non è possibile pagare l’eccedenza del rogito 2023 nel 2024
La Corte Conti Puglia, con delibera 25/2023 ha chiarito una aspetto rilevante in materia di diritto di rogito, incassati in un esercizio superiori al limite corrispondente al quinto della retribuzione in godimento del segretario comunale.
La Sezione ha rilevato che sia la interpretazione letterale che la ratio della norma indicano che i diritti di rogito sono entrate che hanno una specifica destinazione, che spettano in primis all’ente e solo nelle ipotesi specifiche del comma 2 bis, dell’articolo 10 del Dl 90/2014, ai segretari comunali per remunerare l’attività svolta nell’interesse dell’ente in un arco temporale annuale. Si tratta di un limite oggettivo ed insuperabile che non può essere aggirato da interpretazioni differenti ed innovative, salvo modifiche legislative o interventi della Corte Costituzionale che recentemente, con la sentenza n.181/2022 , si è pronunciata sul punto dichiarando inammissibile “per carente motivazione sul requisito della rilevanza” le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114, sollevate, anche in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 10, in riferimento agli artt. 3, 36, 77 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lucca, sezione lavoro. Il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale della norma citata era stato sollevato con riferimento alla parte in cui «limita l’attribuzione di una quota dei diritti di rogito spettanti all’Ente locale ai segretari comunali che non abbiano qualifica dirigenziale o che prestino servizio in Enti locali privi di personale con qualifica dirigenziale, anziché prevederla per tutti i segretari comunali e provinciali».
Una diversa ricostruzione non sarebbe in linea con quanto previsto dalla deliberazione della Sezione delle Autonomie n.15 /AUT/2008: “che la quantificazione della quota spettante al Segretario rogante di tali diritti, si traduce in un corrispondente onere a carico dell’Ente presso il quale l’interessato presta servizio e pertanto l’esatta determinazione di tale quantum deve essere fatta tenendo presente il principio del buon andamento della P.A. sancito dal richiamato art. 97 Costituzione; principio che, come è noto, si concretizza nel rispetto delle regole di sana gestione finanziaria e quindi anche della regola di evitare aggravi di spesa non correlati al conseguimento di una utilità per l’Ente, onde assicurare una spendita di risorse sempre finalizzata alla produzione di un servizio pubblico.”