← Indietro

Nessun compenso per il consigliere comunale membro di cda società partecipata

La Corte Conti Veneto, con delibera n. 110/2022, ha risposto a quesito relativo all'applicabilità dell'art. 1, comma 718 della L. 296/2006 nel caso in cui un Consigliere comunale venga nominato componente dell'organo di amministrazione di una società partecipata indirettamente dal Comune di appartenenza e se l'eventuale opzione tra il gettone di presenza spettante per la partecipazione al Consiglio comunale e il compenso quale componente dell'organo di amministrazione della suddetta società abbia rilevanza sull'applicabilità del citato disposto.

La norma di cui viene chiesta l’interpretazione (art. 1, comma 718, della Legge 27/12/2006, n. 296) dispone espressamente che: “Fermo restando quanto disposto dagli articoli 60 e 63 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, l'assunzione, da parte dell’amministratore di un ente locale, della carica di componente degli organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente non dà titolo alla corresponsione di alcun emolumento a carico della società”.

Pertanto, la norma, che non modifica in alcun modo il regime delle ineleggibilità e delle incompatibilità recato dagli artt. 60 e 63 del testo unico degli enti locali, nell’escludere che l'assunzione, da parte di un amministratore locale, della carica di componente di organi di amministrazione di società di capitali partecipate dallo stesso ente possa dare titolo alla corresponsione di emolumenti a carico della società, si riferisce genericamente alle “società di capitali partecipate” senza formulare alcuna distinzione in relazione alla forma di partecipazione. Ciò emerge in modo evidente dall’analisi letterale della disposizione normativa in esame che, si ribadisce, persegue, al pari delle altre in precedenza richiamate (L. 23 dicembre 2005, n. 266, in particolare art. 1, co. 52-64, a cui si aggiunge l’art. 5 “Economie negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici” del d.l. n. 78 del 31 maggio 2010), la finalità di riduzione della spesa pubblica e di contenimento dei costi degli organi di governo e degli apparati pubblici.

Invero, la giurisprudenza dei giudici contabili ha già fornito, sin dal 2008 (Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Toscana, delibera n. 8P/2008 del 3 aprile 2008) le coordinate ermeneutiche volte a stabilire, in riferimento all’art. 1, comma 718, della legge 296/06, se anche alle società partecipate dagli enti locali solo indirettamente, con particolare riferimento ai casi di partecipazione indiretta assolutamente minoritaria, si applichi la disciplina in argomento. La Sezione di controllo della Toscana, infatti, previa acquisizione delle valutazioni sul punto della Sezione delle autonomie, settore di Coordinamento delle Sezioni Regionali di controllo (rese con nota in data 17 marzo 2008 – prot. N. 788/C21) ha statuito che “il comma 718 debba ritenersi applicabile ad ogni ipotesi di partecipazione societaria dell’ente locale; ciò sia perché la formulazione generica della disposizione, priva di specifici limiti applicativi, la renda chiaramente riferibile, secondo gli orientamenti della centrale Sezione delle autonomie, ad ogni tipo di partecipazione societaria, diretta o indiretta, maggioritaria o minoritaria; sia perché, secondo questa Sezione, il divieto introdotto dalla specifica norma in argomento, più che incidere direttamente sulla disciplina civilistica delle società partecipate, sembra piuttosto sancire un obbligo (negativo) a carico degli amministratori di ente locale, obbligo che sarebbe illogico supporre limitato ai soli casi di partecipazione diretta, ovvero maggioritaria”, nel contempo precisando che la norma è di immediata applicazione, non necessitando di modifiche statutarie o di determinazioni di competenza dei soci, da assumersi quindi in sede assembleare. Dello stesso avviso anche la Sezione regionale di controllo per la Campania (deliberazione n. 327/2016 del 28 settembre 2016) la quale ha, altresì, precisato che una diversa interpretazione della norma in questione sarebbe “contraria allo spirito della medesima legge, e delle altre correlate, tutte volte alla riduzione della spesa e, nel caso di specie, al contenimento dei costi degli organi di governo e degli apparati pubblici”.