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Organismo di diritto pubblico: non ricorre se manca il controllo

Il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza del 15 luglio 2021 n. 5348 interviene nuovamente sulla questione della configurabilità o meno dell'organismo di diritto pubblico nel particolare caso delle Federazioni sportive nazionali (in specie, della Federazione Italiana Gioco Calcio).

Il tema assume interesse nella misura in cui declina, nel dettaglio, i presupposti per la ricorrenza o meno dell'organismo di di diritto pubblico, che impone anche ad enti di natura privata l'applicazione integrale delle norme in tema contratti pubblici al ricorrere di tre requisiti fondamentali cumulativi: 1) essere dotato di personalità giuridica; 2) essere istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; 3) essere sottoposto ad influenza pubblica dominante.

In particolare, la sentenza affronta il tema dell'influenza pubblica dominante attraverso pervasivi poteri di vigilanza da parte di enti pubblici (nel caso il CONI), finanche attraverso l'approvazione di bilanci, la nomina dei revisori ed il potere di commissariamento, senza però un concorso finanziario pubblico prevalente.

In particolare, concordando sul fatto che le Federazioni sportive sono dotate di personalità giuridica ed istituzionalmente deputate allo svolgimento di funzioni a valenza pubblicistica, il Collegio non condivide le conclusioni raggiunte nelle sentenze appellate in ordine alla sussistenza anche del terzo requisito, dato alternativamente: 1) dall’essere l’attività dell’ente finanziata in modo maggioritario dallo Stato, da enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico; 2) dalla circostanza che la gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi; 3) ovvero che l’organo d’amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia europea (Decisione del 3 febbraio 2021) "per quanto riguarda più precisamente il criterio relativo alla vigilanza sulla gestione, una vigilanza siffatta si basa sulla constatazione di un controllo attivo sulla gestione dell’organismo in questione idoneo a creare una dipendenza di quest’ultimo nei confronti dei poteri pubblici, equivalente a quella che esiste allorché è soddisfatto uno degli altri due criteri alternativi, ciò che può consentire ai poteri pubblici di influire sulle decisioni del suddetto organismo in materia di appalti pubblici (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley, C-373/00, EU:C:2003:110, punti 68, 69 e 73 nonché la giurisprudenza ivi citata)”.

Va verificato, caso per caso, se nei fatti i diversi poteri spettanti hanno l’effetto di creare una dipendenza tale per cui si possa influire sulle decisioni in materia di appalti pubblici.

A questo proposito, i poteri di direzione e controllo previsti dalla norma e dallo Statuto non sono tali da imporre, nel caso specifico della FIGC ove non opera (a differenza della maggior parte delle Federazioni sportive nazionali) il decisivo principio del finanziamento pubblico maggioritario, regole di gestione dettagliate e pervasive.

Le disposizioni sono solamente finalizzate ad imporre alle Federazioni sportive nazionali regole generali ed astratte, relative più in generale all’organizzazione sportiva nella sua dimensione pubblica, ma non anche a consentire un intervento diretto ed attivo nella loro attività di gestione, così da poter influire sulle decisioni in materia di appalti pubblici.

Neppure è decisiva, in favore della qualificazione come organismo di diritto pubblico, l’attribuzione del potere di approvare i bilanci consuntivi e quelli di previsione annuali delle Federazioni sportive nazionali, non essendo stato fornito alcun riscontro da cui poter desumere che, obiettivamente, si sia in presenza di un intervento più pervasivo rispetto alla mera verifica contabile dei bilanci consuntivi e dell’equilibrio del bilancio di previsione, sino a comportare un vero e proprio controllo attivo sulla gestione. Trattasi dunque di una forma di controllo solamente indiretto nei confronti delle attività economiche svolte dalle Federazioni, per di più limitato al rispetto dei vincoli di destinazione (in sé piuttosto generici) apposti alla contribuzione pubblica – contribuzione che nel caso è minoritaria ai fini della copertura delle spese da questa sostenute, in quanto pari ad appena il 21% circa delle entrate della Federazione.

Anche per quanto riguarda il potere di nomina dei revisori, a questi non è consentito determinare la politica generale o il programma della Federazioni. Il che "a fortiori" esclude che tali revisori possano influire sulla politica di gestione della Federazione suddetta, segnatamente in materia di appalti pubblici, non essendo decisivo a sminuire il precedente rilievo l’appunto per cui il collegio dei revisori dei conti – organo che esercita il controllo contabile della FIGC – nella sua composizione, subirebbe pur sempre la maggioranza delle nomine pubbliche.

Infine, non è possibile desumere la sussistenza dei presupposti per qualificare la Federazione quale organismo di diritto pubblico dal generale potere di commissariamento in caso di gravi irregolarità nella gestione, di gravi violazioni dell’ordinamento sportivo, di impossibilità di funzionamento di tali federazioni o di problemi di regolarità delle competizioni sportive, non emergendo dagli atti di causa elementi da cui desumere che l’esercizio di tale potere implichi un controllo permanente sulla gestione.