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Limiti allo scavalco d'eccedenza

La Corte Conti Puglia, con deliberazione n. 80/2022 si è espressa in materia di “scavalco d’eccedenza” di cui all’art. 1, comma 557, della Legge n. 311/2004, in virtù del quale “I comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, i consorzi tra enti locali gerenti servizi a rilevanza non industriale, le comunità montane e le unioni di comuni possono servirsi dell’attività lavorativa di dipendenti a tempo pieno di altre amministrazioni locali purché autorizzati dall’amministrazione di provenienza”.

I magistrati hanno rilevato che nello scavalco di eccedenza “non vi è, quindi, un unico rapporto di lavoro ripartito tra due enti, né si può pensare ad un unico rapporto di lavoro nell’ente di provenienza che si espanderebbe fino ad altre 12 ore nell’ente di destinazione”. La norma configura una “situazione non dissimile, nei suoi tratti essenziali e in particolare sul piano dei rapporti fra le parti interessate da quella che si verifica nel caso di svolgimento di una seconda attività lavorativa da parte di un dipendente pubblico a tempo parziale”.

In merito alla possibilità che «un dipendente di ente locale possa ricevere una duplice forma di retribuzione per le medesime ore, sia presso l’Ente di appartenenza, sia presso l’Ente che intenda assumerlo in virtù dell’art. 1, comma 557, della Legge 311/2004», ovvero alla «possibilità per l’Amministrazione locale di provenienza di autorizzare l’impiego dello stesso dipendente ai sensi di tale disposizione, senza commettere un danno erariale, tenuto conto che gli avrebbe già corrisposto il compenso per le ore oggetto di autorizzazione», con specifico riferimento al trattamento economico spettante in caso di cd. “scavalco d’eccedenza”), la Corte ha rilevato che “qualora il rapporto fosse di tipo “subordinato” non potrebbe essere convenuta una retribuzione forfettaria in deroga ai criteri ed ai parametri, anche orari, stabiliti dal contratto collettivo di riferimento in relazione al tipo di rapporto di lavoro instaurato. Invece, nel caso di rapporto di lavoro di tipo autonomo, il ricorso a tale tipologia di contratto è condizionato alla sussistenza (e persistenza per tutta la durata del rapporto) di specifici presupposti e requisiti codificati dalla normativa vigente, tra cui – a mero titolo esemplificativo e non esaustivo – le disposizioni di cui ai commi 5-bis e 6 dell’art. 7 del Dlgs. n. 165/2001, così come successivamente modificato e integrato».

Per determinare la retribuzione da corrispondere al dipendente utilizzato ai sensi del comma 557 dell’art. 1 della legge 311/2004, dovrà aversi riguardo al tipo di rapporto instaurato (subordinato o autonomo) tra l’Ente utilizzatore ed il dipendente; la scelta del tipo di rapporto e la sua gestione nel tempo andranno effettuate alla luce delle prescrizioni contenute nella normativa vigente e delle condizioni contenute nell’atto di autorizzazione dell’Ente di appartenenza. Nel caso di rapporto di tipo subordinato, il trattamento economico non potrà che essere stabilito in conformità alla normativa vigente e, in particolare, ai criteri ed ai parametri fissati dal CCNL di comparto, volta per volta, vigente in materia. Per l’effetto non potrà essere convenuta una retribuzione a forfait che – per come in concreto conformata – si ponga in deroga – seppure migliorativa – ai suddetti criteri e parametri. Nel caso in cui, fosse “in astratto ed in concreto” possibile (nel senso di legittimo) perfezionare un rapporto di lavoro di tipo autonomo, perché al di fuori del perimetro dei divieti fissati dal legislatore, il compenso convenuto, oltre ad essere oggetto di previa autorizzazione da parte dell’Ente di appartenenza, dovrà comunque essere conforme alle prescrizioni ed ai vincoli finanziari fissati dalla normativa vigente.