Limite della decadenza dei cinque anni per l’accertamento per rettifica rendita catastale
Con ordinanza n. 28458/2023 del 12 ottobre 2023 la Corte di Cassazione ha confermato che, relativamente all’attività di accertamento dei tributi locali, la rettifica della rendita catastale incontra il limite della decadenza dei cinque anni.
Nel caso specifico, i Giudici hanno accolto parzialmente il ricorso da parte di alcuni contribuenti che si sono visti notificare dall’Ente impositore avvisi di accertamento per il recupero di imposta ICI dal 2000 al 2009 (con notifica nell’anno 2010), relativamente al cambio di destinazione e conseguentemente all’incremento di rendita di un immobile di proprietà, in origine censito come abitazione e poi successivamente rientrante nella categoria catastale di studio professionale.
L’Ente, non essendo esonerato dal dovere di attivarsi ad accertare l’imposta dovuta, ha provveduto ad emettere accertamenti contestando dieci anni di imposta, trascurando quanto stabilito dall’art 1 comma 161 della Legge 296/06 che stabilisce: “Gli enti locali, relativamente ai tributi di propria competenza, procedono alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli o dei parziali o ritardati versamenti, nonché all'accertamento d'ufficio delle omesse dichiarazioni o degli omessi versamenti, notificando al contribuente, anche a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, un apposito avviso motivato.
Gli avvisi di accertamento in rettifica e d'ufficio devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione o il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati. Entro gli stessi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative tributarie, a norma degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.”
Ai sensi dell’art 1 comma 336 della legge n. 311 del 2004 (Legge finanziaria 2005): “ I comuni, constatata la presenza di immobili di proprietà privata non dichiarati in catasto ovvero la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, richiedono ai titolari di diritti reali sulle unità immobiliari interessate la presentazione di atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. La richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, è notificata ai soggetti interessati e comunicata, con gli estremi di notificazione, agli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio. Se i soggetti interessati non ottemperano alla richiesta entro novanta giorni dalla notificazione, gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita. Si applicano le sanzioni previste per le violazioni dell'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.”
Al successivo comma 337 della sopraccitata Legge si legge che: “Le rendite catastali dichiarate o comunque attribuite a seguito della notificazione della richiesta del comune di cui al comma 336 producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, indicata nella richiesta notificata dal comune, ovvero, in assenza della suddetta indicazione, dal 1 gennaio dell'anno di notifica della richiesta del comune.”
Dunque, per quanto stabilito dalla normativa, l’Ente, una volta verificato che a seguito di variazioni edilizie non sussistano più dei dati coerenti con quanto risultante dai classamenti catastali, richiede al proprietario dell’immobile l’aggiornamento in base a quanto regolamentato dal decreto ministeriale n. 701 del 1994 del Ministro delle finanze, recante norme per l’automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari (la cosiddetta procedura DOCFA).
Entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica, il contribuente deve adempiere a quanto richiesto dall’Ente. Qualora ciò non avvenga, sarà l’Agenzia del Territorio ad attivare le dovute verifiche, variazioni e notificazione delle risultanze del classamento avvenuto con l’attribuzione della nuova rendita catastale.
Invece nell’analisi del ricorso emerge che il Comune, nell’anno 2009, aveva inviato ai contribuenti un provvedimento attraverso il quale chiedeva di regolarizzare la posizione catastale dell’immobile oggetto di contestazione e a loro volta i contribuenti avevano provveduto immediatamente a confermare quanto rilevato e a comunicare la rettifica catastale (da abitazione a studio professionale).
Lo stesso Ente nel 2010 provvede a notificare gli atti di accertamento relativi all’anno di imposta dal 2000 al 2009 non facendo attenzione al fatto che fosse già decaduto dal potere di accertamento per gli anni dal 2000 al 2004.
Il ricorso da parte dei contribuenti viene accolto dalla Suprema Corte limitamene agli anni di imposta dal 2000 al 2004, per effetto appunto dell’applicabilità della decadenza.