L’esclusione per difetto dei requisiti dell’offerta non viola il principio di tassatività
Il Consiglio di Stato con sentenza n. 7296/2024 ha ribadito che l’esclusione dalla gara di un concorrente la cui offerta è stata valutata come non idonea non può ritenersi in contrasto con il principio della tassatività delle cause di esclusione.
Nella vicenda oggetto di gravame la ricorrente impugnava in primo grado il capitolato di gara e l’esclusione del proprio raggruppamento motivata con riferimento alla mancanza dei requisiti tecnici minimi richiesti e, con motivi aggiunti, la “dichiarazione di gara deserta per assenza di offerte tecniche valide”.
Le principali doglianze erano relative ad alcune clausole del Capitolato tecnico ritenute nulle in quanto esorbitanti i casi previsti al codice dei contratti vigente ratione temporis (d.lgs. n. 50/2016), inidonee ad individuare i requisiti minimi che l’offerta avrebbe dovuto avere per essere considerata e, comunque, irragionevoli, improvvisate, sproporzionate rispetto all’oggetto della gara e, pertanto, enucleate al di fuori del potere discrezionale spettante alla Stazione appaltante nella formulazione della lex di gara. In ogni caso, a parere della ricorrente, i requisiti individuati, oltre ad essere irragionevoli, non avrebbero dovuto essere previsti a pena di esclusione.
il Collegio, ha in primo luogo osservato che “secondo la consolidata giurisprudenza – l’esclusione dalla gara di un’impresa autrice di un’offerta giudicata inidonea dal punto di vista tecnico non si pone in contrasto con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, atteso che quest’ultimo riguarda il mancato rispetto di adempimenti relativi alla partecipazione alla gara che non abbiano base normativa espressa, e non già l’accertata mancanza dei necessari requisiti dell’offerta che erano stati richiesti per la partecipazione alla gara (Cons. Stato, sez. V, 5 maggio 2016, n. 1809)”.
Richiamando poi una sentenza (n. 3024/2022) della medesima Sezione investita della questione in esame, ha rilevato che:
“a) già nella fase antecedente all’introduzione nell’ordinamento dei contratti pubblici del principio di tassatività delle cause di esclusione (nell’art. 46 del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, quale risultante dalla novella introdotta dall’art. 4, co. 2, lett. d), d.l. n. 70 del 2011), non si è mai dubitato dell’ampia facoltà intestata all’Amministrazione di individuare, nel rispetto della legge, il contenuto della disciplina delle procedure selettive (c.d. lex specialis della gara), quale ne fosse l’oggetto: reclutamenti di personale, contratti attivi e passivi, affidamento di beni e risorse pubbliche (così, Cons. Stato, Ad. plen. 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.1);
b) successivamente all’introduzione della regola della tassatività delle cause di esclusione nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici, si è statuito che fossero legittime le clausole dei bandi di gara che prevedono adempimenti a pena di esclusione (in senso sostanziale, perché posti a tutela di interessi imperativi, c.d. tassatività attenuata), anche di carattere formale, purché conformi ai tassativi casi contemplati dall’art. 46, comma 1 bis del d.lgs. n. 163 del 2006, nonché dalle altre disposizioni del codice dei contratti pubblici, del regolamento di esecuzione e delle leggi statali (Cons. Stato, Ad. plen., 25 febbraio 2014 n. 9, § 6.4; successivamente 16 ottobre 2020, n. 22);
c) conseguentemente, la norma contenuta nell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50/2016 non ha posto un divieto per la stazione appaltante di indicare nel bando le condizioni minime di partecipazione e i mezzi di prova, al fine di consentire la verifica, in via formale e sostanziale, delle capacità realizzative dell’impresa, nonché le competenze tecnico-professionali e le risorse umane, organiche all’impresa medesima, bensì ha regolamentato questo potere (Cons. Stato, Ad. plen., 16 ottobre 2020 n. 22, § 7)”.
Il Consiglio ha poi sottolineato che alla medesima conclusione conduce anche l’analisi della giurisprudenza che esclude l’ammissibilità del soccorso istruttorio in caso di mancanza di elementi essenziali dell’offerta tecnica e che “A tale consolidata giurisprudenza ha dato seguito anche il d.lgs. n. 36 del 2023 che all’art. 10 prevede espressamente che “Fermi i necessari requisiti di abilitazione all'esercizio dell'attività professionale, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all'oggetto del contratto, tenendo presente l'interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l'esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l'accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese” (comma 3)”.
Il Giudice del gravame, pertanto, conclude che i requisiti minimi delle prestazioni o del bene che vengono previsti dalla lex specialis di gara “costituiscono una condizione di partecipazione alla procedura selettiva” e che le difformità dell'offerta tecnica rispetto agli stessi manifestano l’inadeguatezza del progetto proposto e “legittimano l’esclusione dalla gara e non già la mera penalizzazione dell’offerta nell’attribuzione del punteggio, in quanto determinano la mancanza di un elemento essenziale per la formazione dell’accordo negoziale”.