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Dimissioni nel pubblico impiego privatizzato

La Corte di Cassazione si è di recente espressa, con sentenza della Sez. Lavoro n. 14993/2021, in tema di dimissioni nel pubblico impiego privatizzato.

Il ricorso è stato presentato da una dipendente la quale lamentava che le dimissioni presentate non fossero idonee a risolvere il rapporto lavorativo, dal momento che non erano state convalidate dall’Amministrazione datrice.

I Giudici di legittimità, nell’affrontare la questione sottoposta alla loro attenzione, hanno preliminarmente chiarito che, a seguito dell’entrata in vigore del D. lgs. n. 29/1993 con cui è stata attuata la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, le dimissioni del dipendente pubblico costituiscono un negozio unilaterale recettizio e, in quanto tale, idoneo a determinare la risoluzione del rapporto lavorativo dal momento in cui il datore ne venga a conoscenza (e indipendentemente dalla sua volontà).

Le dimissioni, pertanto non necessitano, ai fini dell’efficacia, di un provvedimento di accettazione da parte della Pubblica Amministrazione, la quale, inoltre, non può nemmeno rigettarle (deve infatti limitarsi ad accertare che non esistano impedimenti di natura legale alla risoluzione del rapporto).

In aggiunta, in ragione dell’immediatezza delle dimissioni, l’eventuale successiva revoca da parte del lavoratore è inidonea a eliminare l’effetto risolutorio già prodottosi (sebbene le parti possano decidere di comune accordo, in ossequio al principio generale di libertà negoziale, di proseguire il rapporto di pubblico impiego, privando così di efficacia le dimissioni).

La Suprema Corte ha proseguito evidenziando che la procedura di convalida delle dimissioni di cui all’art. 4, commi 16-22, della L. n. 92/2012 trova applicazione nel pubblico impiego privatizzato solo nei casi in cui le PA abbiano adottato degli apposti provvedimenti attuativi per l’armonizzazione del lavoro privato con quello, appunto, pubblico.

La ratio di tale impostazione pare evidente: detta disciplina di convalida è modulata sulle dinamiche del lavoro privato (e non di quello pubblico) ed è strettamente correlata alla necessità di garantire che le dimissioni siano frutto di un’autonoma determinazione del dipendente (soprattutto durante i periodi in cui non può essere licenziato).