L’atto d’appello nel processo tributario
La Cassazione, Sez. VI, con l’Ordinanza n. 3124 del 2 febbraio 2022, ha precisato che “anche nel processo tributario l'atto con cui si propone l'impugnazione deve essere interpretato nel suo complesso, al fine di verificare la presenza di tutti gli elementi della domanda che siano prescritti sotto comminatoria di nullità o di inammissibilità (Cass. n. 687/07; 19639/08). In un'ottica di tendenziale conservazione degli atti processuali, invero, la mancanza di un requisito formale dell'atto di appello non può, di per sé, equivalere a difetto di impugnazione, se dal contesto dell'atto risulti, sia pur in termini non formali, una univoca manifestazione di volontà di proporre il gravame per quello specifico motivo o nei confronti di un determinato soggetto (Cass. n. 7585/03; 25751/13, 20418/14)”.
La Corte richiamando l’art. 53, comma 1, d.lgs. 546/1992 sottolinea, infatti, che l’atto d’appello “è da considerarsi quindi "inammissibile" solo quando manchi del tutto, o sia "assolutamente incerto" uno dei seguenti elementi: "l'indicazione della commissione tributaria cui è diretto, dell'appellante e delle altre parti nei cui confronti è proposto, gli estremi della sentenza impugnata, l'esposizione sommaria dei fatti, l'oggetto della domanda ed i motivi specifici dell'impugnazione", ovvero quando l'atto stesso "non è sottoscritto"; con particolare riguardo alla specificità dei motivi dell'impugnazione questa Corte ha affermato che "In tema di contenzioso tributario, la mancanza o l'assoluta incertezza dei motivi specifici dell'impugnazione, le quali, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, determinano l'inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi essere ricavati, anche per implicito, dall'intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni" (Cass. Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 20379 del 24/08/2017; Sez. 5, Sentenza n. 6473 del 06/05/2002); tale necessaria interpretazione complessiva dell'atto di appello vale anche per altri elementi (estremi della sentenza, esposizione sommaria dei fatti e oggetto della domanda) indicati dall'art. 53 cit., tanto più che come, da ultimo, sottolineato da questa Corte "Nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell'appello (per difetto di specificità dei motivi), prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all'art. 14 preleggi, trattandosi di disposizione eccezionale che limita l'accesso alla giustizia, (dovendosi consentire, ogni qual volta nell'atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l'effettività del sindacato sul merito dell'impugnazione)" (Cass., sez. 5, Sentenza n. 707 del 15/01/2019)”.
In aggiunta, secondo la richiamata decisione l’art. 53, comma 1, d.lgs. 546/1992 non impone rigidi formalismi, di conseguenza i motivi d’appello “non devono necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica indicazione ma possono essere ricavati anche per implicito purché in maniera univoca, dall'intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni purché vi sia un'esposizione chiara ed univoca anche se sommaria”.
Proprio per queste ragioni, la Suprema Corte puntualizza che “Nel processo tributario, anche nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l'onere d'impugnazione specifica richiesto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, che costituisce norma speciale rispetto all'art. 342 c.p.c.”.