La transazione non deve nascondere il debito fuori bilancio
La Corte dei Conti Puglia, con delibera 112/2021, ha espresso un parere molto utile, da sempre sostenuto dal nostro studio. Ovvero: la transazione tra le parti deve avere precise caratteristiche e soprattutto non può nascondere un debito fuori bilancio.
Affinché un accordo possa qualificarsi come “atto di transazione” è necessario che dalla relativa scrittura risultino gli elementi essenziali del negozio, quali: i) la comune volontà delle parti di comporre una controversia in atto o prevista; ii) la res dubia, ossia la materia oggetto delle contrastanti pretese giuridiche delle parti; iii) il nuovo regolamento di interessi, che, mediante le reciproche concessioni, sostituisca quello precedente foriero della lite o del pericolo di lite (Cass. 4 settembre 1990, n. 9114; Cass. 4 maggio 2016,n. 8917).
L’ente nonostante la presenza di passività ben note da tempo ha ritenuto di bypassare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio, ex art. 194 Tuel e di dare la dovuta rappresentazione contabile ai compensi maturati, eccedenti rispetto all’impegno originariamente assunto, facendo impropriamente ricorso allo strumento della transazione, con ciò commettendo una grave violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa.
Il Collegio evidenzia come il ripetuto e massiccio ricorso a negozi transattivi tesi a ricondurre a bilancio passività sommerse, costituisca una grave patologia della gestione finanziaria, impedendo lo svolgimento dei procedimenti di spesa secondo canoni di buona amministrazione e di sana gestione finanziaria.
La Corte Conti Puglia richiama il Comune al rispetto delle previsioni di cui agli artt. 193 e 194 Tuel , nonché art. 23, comma 5, della l. 27 dicembre 2002, n. 289, a mente del quale « i provvedimenti di riconoscimento di debito, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sono trasmessi agli organi di 25 controllo e alla competente Procura della Corte dei conti», riservandosi di valutare l’attività svolta dall’Ente nell’ambito dei successivi controlli sui cicli di bilanci.