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La sottoscrizione analogica dei documenti di gara è legittima se accompagnata dal documento di identità

Il TAR Marche con sentenza n. 495/2024 del 9 dicembre si è pronunciato in merito all’equivalenza tra sottoscrizione autografa e copia scansionata del documento di identità del sottoscrittore e la firma digitale.

Il TAR veniva adito per l’annullamento di un provvedimento di aggiudicazione immediatamente esecutivo e la ricorrente, in particolare, lamentava il fatto che l’offerta del raggruppamento aggiudicatario fosse firmata digitalmente solo dal legale rappresentante dell'impresa mandataria e redatta in forma cartacea, sottoscritta con firma autografa da tutte le componenti del costituendo Raggruppamento, corredata da copia di tutte le carte d'identità e, trasformata in pdf, caricata sulla piattaforma informatica, previa registrazione e accesso al portale telematico. Nella tesi della ricorrente ciò era in contrasto con la “lex specialis” di gara che cui l’amministrazione si era autovincolata a rispettare senza possibilità di deroghe ed imponeva obbligatoriamente la sottoscrizione digitale dell’offerta da parte di tutti i componenti del raggruppamento a pena di inammissibilità e senza possibilità di soccorso istruttorio.

Il Collegio, nel respingere il ricorso ha osservato che “l’art. 70, comma 4, lett. a), del D.Lgs. n. 36/2023, secondo cui “Sono inammissibili le offerte: a) non conformi ai documenti di gara”, non può essere interpretato nel senso che qualsiasi difformità, anche solo formale, rispetto alle prescrizioni di gara, comporti l’automatica esclusione”, secondo i giudici, infatti, “il principio di tassatività delle cause di esclusione, per favorire la massima partecipazione, trova disciplina anche nel nuovo codice dei contratti (art. 10)”.

Il TAR analizzando poi la fattispecie concreta ha evidenziato l’insussistenza di una specifica clausola di esclusione disciplinata dalla “lex specialis” come invece sostenuto dalla ricorrente, infatti, nella lettera di invito, tra altre indicazioni sulla sottoscrizione dei documenti, non veniva imposto in via assoluta e inderogabile l’uso della firma digitale ma si limitava a dettare la relativa disciplina affinché potesse essere considerata regolare ovvero: “certificato di firma digitale, in corso di validità, rilasciato da un organismo incluso nell’elenco pubblico dei certificatori tenuto dall’ AgID (ex DigitPA), (previsto dall’art. 29, comma 1 del D.Lgs. 82/05) generato mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, ai sensi di quanto previsto dall’art 38 comma 2 del D.P.R. 445/00 e dall'art. 65 del D.Lgs. 82/05 e s.m.i. e dal D.P.C.M. 30 marzo 2009 (G.U. 6/6/2009 n. 129)” ed anzi ammetteva anche la sottoscrizione manuale delle dichiarazioni unitamente alla copia scansionata del documento di identità completo del dichiarante, secondo le disposizioni del DPR n. 445/2000 per i soggetti sprovvisti di firma digitale.

Il Collegio, come detto, ha respinto il ricorso in forza del principio di tassatività delle cause di esclusione, nonché, sull’interpretazione della “lex specialis” che appare non escludere “la piena equipollenza delle due diverse forme di sottoscrizione (solo con firma digitale o manualmente con allegata copia del documento di identità)”.

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